la Repubblica, 3 settembre 2018
Lega e M5S sfidano Tria: «Appena sotto il 3%»
L’assalto alla fortezza del ministero dell’Economia comincerà questa settimana. E si preannuncia deciso. I falchi leghisti sono stati richiamati all’ordine: nessuno parli prima del vertice di domattina con Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. «Un’importante riunione di coordinamento», così viene definita, in cui il segretario del Carroccio tirerà le fila di quanto studiato per lui in questi mesi dal viceministro di Tria, ancora senza deleghe, Massimo Garavaglia, e dallo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Se i leghisti, secondo fonti M5S, sono davvero rassegnati a non poter avere la flat tax al 15 per cento così come l’avevano promessa, è il momento di definire gli obiettivi minimi. E di capire quanto possono spingersi sulla richiesta di sforamento dei vincoli europei. «Sfioreremo il 3 per cento senza però superarlo, come solo i grandi artisti sanno fare», ha detto a sera tarda Salvini ad Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo. Sposando così un’impostazione che era già arrivata dai 5 stelle, dopo che le continue sparate delle ultime settimane avevano procurato allarme sui mercati e un’asta di titoli di Stato con rendimenti quasi raddoppiati. Oltre all’outlook negativo dell’agenzia di rating Fitch. Perché anche se Luigi Di Maio, alla festa del Fatto, dice di non voler dare retta ai numeri, ma a «sorrisi e felicità» delle persone che incontra, il leader M5S sa bene di non potersi permettere una tempesta d’autunno sui mercati nel momento in cui cercherà di portare a casa la misura simbolo del Movimento: il reddito di cittadinanza. Che – ha confermato ancora ieri – «arriverà nel 2019» e avrà le coperture nella prossima manovra.
«Ho l’impressione che l’Europa voglia far giocare ai mercati il ruolo del poliziotto cattivo», dice il presidente leghista della commissione Finanze del Senato, l’economista Alberto Bagnai, invitato anche lui al vertice di domani. «Ascolterò e darò il mio parere, se richiesto. Quello che noto è che certi funzionari europei brandiscono i mercati come una minaccia. Non lo sono: hanno solo raccolto dei denari e vogliono farli fruttare». L’impostazione della Lega è che il Paese ha bisogno di crescere anche per evitare tempeste finanziarie. E che per farlo va sostenuta la spesa a costo di violare i vincoli di bilancio. «Sono un pessimista di natura – continua Bagnai – ma non credo che in Europa ci sia la volontà di aggredire l’Italia, che leader come Macron o Merkel possano permetterselo. Segnalo che noi siamo in surplus estero, la Francia in deficit estero: eppure loro hanno già annunciato che arriveranno al 3 per cento, noi ci siamo impegnati sul 2». L’idea leghista è quella di spingersi più avanti possibile sul deficit per poter consegnare al proprio elettorato qualcosa di più degli sgravi fiscali per le partite Iva e la riduzione delle tasse sul “marginale” delle imprese, «che poi era la vecchia legge Tremonti – ricorda una fonte di governo – e non è che abbia portato nulla in termini di Pil». Salvini può mostrare indifferenza davanti alle lamentele di Confindustria, ma non può non sentire le richieste delle piccole e medie imprese del Nord, che già dal Def si aspettano i primi segnali di inversione di rotta. Il braccio di ferro con i 5 stelle, che pure ieri rassicuravano sugli impegni presi sulla flat tax, sarà su questo. Che sia già in atto, è confermato dalle parole di ieri di Alessandro Di Battista. che dallo Yucatan ha sfidato la Lega sottolineando, ancora una volta, quanto sia distante dal M5S.