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 2018  settembre 03 Lunedì calendario

Quell’inchiesta sui 49 milioni spariti spesi (anche) per la famiglia Bossi

Se si potesse riavvolgere il nastro della storia, i leghisti della prima ora fermerebbero il tempo al 14 febbraio 2010, giorno della morte del parlamentare Maurizio Balocchi, sottosegretario nei governi Berlusconi. Balocchi, ligure di adozione, gestiva il patrimonio del Carroccio e nel 2009, quando si aggravò la sua malattia, fu affiancato dall’autista e portaborse, il genovese Francesco Belsito. Che dopo la sua scomparsa diventerà tesoriere incontrollato del partito, l’uomo più potente del Carroccio, persino sottosegretario. È in Liguria viene architettata la truffa allo Stato: rendicontazioni fasulle per rimborsi elettorali “indebiti” nel triennio 2008-2010, e quasi 49 milioni che da Camera e Senato finiscono alla Lega.
Tra fine 2011 e inizio 2012 le inchieste giudiziarie illuminano l’utilizzo disinvolto del denaro del partito: il tesoriere fa partire bonifici verso i conti offshore di Cipro, le banche in Norvegia, ricicla i fondi in lingotti d’oro e diamanti in Tanzania. Il terremoto giudiziario arriva il 23 gennaio 2012, quando un militante della Lega presenta un esposto alla Procura di Milano. Il 4 aprile 2012 la Guardia di Finanza sequestra nella cassaforte degli uffici di Montecitorio del Carroccio una cartellina rossa con scritto “The family”. Dentro c’è la prova che più di mezzo milione di euro del partito era stato usato per le spese della famiglia Bossi con il benestare del Senatùr. In quella cartellina ci sono la laurea in gestione aziendale del “Trota”, Renzo, figlio di Umberto, pagata 77mila euro all’Università di Tirana, l’acquisto di una Audi A6 da 48mila euro; ancora, 158mila euro pagati per le multe prese con un Suv Bmw X5 dell’altro figlio, Riccardo, per le rate del leasing (35 mila) e per l’università, ma stavolta appena 3.300 investiti solo nelle prime due rate di iscrizione all’ateneo dell’Insubria. Ci sono 14.400 euro per l’affitto di casa e le bollette, ottomila in alimenti per la ex moglie e perfino 439,50 euro spesi dal veterinario per il cane. A Bossi le casse delle Lega hanno versato oltre 208 mila per l’assistenza dopo la malattia, più un assegno da 48.500 euro intestato direttamente a lui.
Questo capitolo è giunto alla prima tappa il 10 luglio 2017 a Milano con la condanna in primo grado per appropriazione indebita a Bossi, al figlio Renzo e a Belsito. I magistrati, però già nel 2015 avevano trasferito una parte di inchiesta a Genova: dalla Banca Aletti del capoluogo ligure sarebbero partiti i bonifici sui conti esteri, buona parte dei 49 milioni di euro. E due settimane dopo la prima condanna, a Genova arriva l’altra: Bossi, Belsito e gli ex revisori dei conti Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci sono giudicati colpevoli della maxi truffa e condannati (oltre al carcere) a risarcire in solido Camera e Senato: compresa la Lega come partito. Da quel momento inizia la caccia ai soldi e il Tribunale di Genova, su richiesta del pm Paola Calleri, autorizza il sequestro cautelativo.
La Polizia Tributaria però scopre che nelle casse e nei conti bancari di Via Bellerio vi sono poco più di 3 milioni. La magistratura cerca altre strade per aggredire i soldi entrati nei conti della Lega dopo il triennio 2008-2010. Lo scorso 28 dicembre un colpo di scena: Aldovisi, chiamato anche lui a risarcire lo Stato, presenta un esposto in Procura, sostiene che durante la gestione Maroni-Salvini le casse di Via Bellerio avevano 40 milioni di euro e che in da allora sono state compiute operazioni finanziarie per spostare denaro e metterlo al riparo dai guai giudiziari. L’ex revisore dei conti presenta documenti che raccontano come nel 2006 dieci milioni di euro sarebbero transitati dalla Sparkasse di Bolzano verso il Lussemburgo.
Viene aperta un’altra inchiesta per riciclaggio. Sul sequestro delle somme, tra un ricorso e l’altro al Tribunale del Riesame – sia da parte della Procura di Genova, sia da parte degli avvocati della Lega Nord – la Cassazione a luglio si è pronunciata “in punto di diritto” ed ha autorizzato il sequestro di somme che in futuro entreranno sui conti leghisti, fino a raggiungere i mancanti 46 milioni. La Suprema Corte, però, ha detto che nel merito dovrà sentenziare il Riesame.