Corriere della Sera, 2 settembre 2018
La storia delle macchine da scrivere
Questione di stile. Chi sceglie di scrivere una lettera (per l’amante, l’amico, per piacere) con una macchina da scrivere detta subito le sue regole. I tasti non sono leggeri come quelli di un pc. L’inchiostro lascia leggere sfumature e quelle lettere messe lì, nero su bianco, sembrano fluttuare. Ed è difficile tornare indietro. Quella macchina aiuta pensare, di getto. E impone dei tempi che possono essere lunghissimi se confrontati con quelli infinitesimali di un tweet. Obsolete? Meglio definirle vintage. La prima risale al 1855 e si chiamava Cembalo Scrivano, fu inventata dal novarese Giuseppe Ravizza che ne sviluppò circa sei modelli. Avrebbe voluto diffonderla a livello industriale, ma non trovò mai un finanziatore. Un’impresa riuscita a Christopher Sholes e Carlos Glidden nel 1872 con la Remington. Oggi le macchine da scrivere sono oggetti da collezione, come la Valentine (1969) della Olivetti, indimenticabile con il suo corpo rosso fuoco. Questo oggetto che ha segnato la storia della scrittura, della letteratura e della cultura lo ricorda LiberiTutti, allegato del Corriere della Sera in edicola gratis il venerdì. Poi sono arrivati i computer e proprio dalla casa di Ivrea è uscito il primo «personal». Si chiamava Programma 101 (fu ideato da Pier Giorgio Perotto). «La pronuncia in inglese suonava bene», ricorda Mario Bellini, l’architetto che l’ha disegnata tra il 1962 e il 1965, anno della trionfale presentazione a New York. E se la scrittura è una questione di stile, fondamentali sono i suggerimenti di Lia Levi: compirà 87 anni a novembre, ma l’età non le ha impedito di vincere il premio Strega Giovani. Il suo romanzo Questa sera è già domani (e/o) ha messo d’accordo anche i giurati teen. Una storia dedicata al marito, il giornalista Luciano Tas, negli anni Trenta colpito dalle leggi razziali. Questione di stile. C’è chi viaggia in auto o in treno, chi preferisce l’aereo. Quando volare non era una battaglia per i cieli (bagaglio, prezzi, destinazioni), in economy il caffè si beveva nelle tazze di porcellana, i pasti si consumavano con forchette di metallo e la cenere delle sigarette (sì la cenere, perché dentro gli aerei si poteva fumare) veniva riposta in un apposito portacenere, non a caso fatto a forma di velivolo. Le compagnie corteggiavano i clienti con borse sponsorizzate, penne, asciugamani, mascherine e chi più ne ha più ne metta. Oggetti oggi per collezionisti. Tempi andati e ricordati in una mostra che dal 23 settembre si terrà al 40 Mills Place di Old Pasadena, in California. Questione di stile. E chi preferisce muoversi sulla terra, ma in velocità, può scegliere il monopattino, quello evoluto: da gioco per i bambini è diventato strumento per la mobilità sostenibile, ideale nelle città con problemi di traffico e inquinamento. Lo scooter, come lo chiamano negli Usa, adesso è anche elettrico, con motori capaci di toccare i 25 kmh, per affrontare salite lievi e garantire 30-40 km di autonomia. Questione di stile. Alla casa Bianca prima di tutto. Ma per questa storia bisogna tornare nell’era Kennedy. C’era JFK nello «Studio ovale» e sulla sua scrivania passavano le fatture degli abiti (costosissimi) della moglie Jackie che amava Chanel e YSL. Fu proprio Jackie a suggerire al marito di lavorare sulla sua immagine. Una mostra a Palazzo delle Stelline (Milano), dal 13 settembre ricorda come. Questione di stile. Anche nel mondo dello sport, dove si sta affacciando il footgolf. Si gioca su un campo verde, ci sono le buche come nel golf, ma la pallina si fa grande come un pallone e per mazza si usano le proprie gambe. Chi lo ha già sperimentato sostiene sia divertente e comunque serve a tenersi in forma. Da Dino Baggio a Claudio Chiappucci, LiberiTutti propone le storie di chi lo pratica.
Questione di stile anche nello scegliere vacanze low cost e Baja California (la California «messicana») può essere una destinazione interessante. Va da Tijuana a San José del Cabo. Una penisola grande quanto metà dell’Italia, dove viaggiare, dove perdersi.