Corriere della Sera, 1 settembre 2018
Il primo anno senza Woody Allen. Amazon archivia il suo film
Dal 1969 (Prendi i soldi e scappa, il suo debutto come regista) al 2017 (Wonder Wheel) è sempre uscito un film di Woody Allen all’anno, con rarissime eccezioni (l’ultima volta nel 1981). Quest’anno però l’atteso A Rainy Day in New York non uscirà: non adesso, quand’era previsto né, probabilmente mai. Film, come dicono gli americani, «archiviato», messo via senza essere visto da nessuno.
Conseguenza probabilmente inevitabile del nuovo clima determinato dal movimento #MeToo contro le molestie, per l’accusa rivolta a Allen nell’agosto 1992 da Mia Farrow, per anni sua compagna (Allen dopo la separazione da Farrow avrebbe molestato la figlia Dylan, piccolissima).
Allen finora aveva finanziato i suoi film sostanzialmente vendendoli in anticipo ai distributori europei (quello dell’Europa è da sempre il mercato più fedele a Allen, Francia e Italia in testa). Per questo A Rainy Day in New York la casa produttrice però era americana, la Amazon dell’uomo più ricco del mondo Jeff Bezos: per il quale ovviamente considerare persi i 25 milioni di dollari di budget investiti su Allen è letteralmente un nonnulla (attualmente Bezos guadagna circa un quarto di milione di dollari al minuto). L’alternativa era quella di esporsi a critiche, polemiche, cancellazioni della «prima» come era capitato l’anno scorso a Wonder Wheel, insomma a pessime pubbliche relazioni. Meglio «archiviare» il film, per non finire come «Billionaire Boys Club» con Kevin Spacey – altro bersaglio di #MeToo – appena mandato al macello finanziario, senza pubblicità, in una manciata di cinema, a incassare appena 126 dollari nel weekend d’apertura.
Ha senso che Amazon non voglia finire boicottata; ha senso che molti attori abbiano dichiarato che non lavorerebbero con Allen (o di essersi pentiti di averlo fatto, cosa questa leggermente meno comprensibile visto che l’accusa contro Allen era pubblica dal 1992 e da allora non ci sono state novità).
I due protagonisti del film che non vedremo, A Rainy Day in New York, Timothee Chalamet e Selena Gomez, annusata l’aria che tira a Hollywood avevano già scaricato Allen. Chalamet aveva donato i (pochissimi: Allen per ragioni di budget ingaggia attori solo al minimo sindacale) soldi guadagnati per il film a un’associazione antimolestie, Gomez aveva mandato avanti la mamma che a gennaio aveva detto di averle sconsigliato di lavorare con Allen.
Inizialmente, sembrava che Allen sarebbe comunque riuscito a trovare attori disposti a lavorare con lui – Cate Blanchett, Kate Winslet, Scarlett Johansson, Diane Keaton sono tra le attrici che hanno dichiarato che non lo boicotterebbero.
Ma, scaricato da Amazon, ora Allen deve trovare un altro produttore. E, nel frattempo, quest’anno non ha girato un film, come succedeva di solito. Finito il montaggio di A Rainy Day in New York si è fermato. Pensare che a 82 anni decida di ritirarsi – parla spesso del cassetto della scrivania pieno di foglietti volanti dove annota le sue idee da sviluppare in futuro – è difficile. Che non trovi mai più attori e attrici disposti a lavorare per lui, uno dei pochi giganti del cinema dell’ultimo mezzo secolo rimasti in attività, è ugualmente difficile. Ma che debba ripartire da capo, con altri produttori, altri distributori, è ovvio. Che li trovi in Europa è possibile, se non proprio probabile. Ma di sicuro un film gettato nel cestino prima dell’uscita, e uno stop forzato di almeno un anno, non devono essere semplici da gestire.