Corriere della Sera, 1 settembre 2018
A proposito dell’ora legale. Quando Benjamin Franklin propose: «Svegliamo tutti prima per risparmiare candele»
L’ora dell’estate e del risparmio, ma anche della guerra: in Francia si chiama «heure d’été», in Spagna «hora de verano»; «Sommerzeit» per i tedeschi, i primi a introdurla nel 1916 con l’obiettivo di risparmiare energia durante il primo conflitto mondiale, seguiti a ruota dai nemici britannici che ne furono entusiasti: nel 1985 (11 anni prima dell’Europa unita) Londra sincronizzò gli orologi su quello che in inglese è DST (Daylight saving time).
Gli italiani l’hanno adottata durante le guerre mondali, e poi definitivamente dal 1966, accentuando nel nome quel carattere innaturale (contrapposto a solare), artificioso e appunto «legale» che ora l’Europa vuole rendere permanente sotto la spinta dei nordici, Finlandia in testa, di quei Paesi cioè che soffrendo già le lunghe notti invernali vogliono continuare a rubare un’ora al buio, senza più dover tirare indietro le lancette degli orologi alla fine di ottobre.
Il nostro modo di vivere il tempo dipende dalla geografia. Il cambio dell’ora è un rito molto occidentale, da cui è escluso l’80% degli abitanti del globo e il 68% dei Paesi. Nel club ci sono Europa, Nord America, Brasile e Cile, una fascia di Medio Oriente, Marocco e Namibia in Africa, un pezzo di Australia e Nuova Zelanda. Curiosamente fu un entomologo neozelandese, George Vernon Hudson, a fine Ottocento a lanciare l’idea dell’ora avanti, forse perché un supplemento di luce serale gli permetteva di cercare insetti fino a tardi. Negli stessi anni a Londra la bandiera DST era sventolata da William Willett, imprenditore nonché antenato del cantante dei Coldplay Christ Martin.
Molto prima, nel 1784, lo scienziato e pensatore Benjamin Franklin (tra i padri della Rivoluzione Americana) aveva proposto di «anticipare» la sveglia per tutti, per non sprecare la luce del sole risparmiando sulle candele di sera. L’inventore del parafulmine raccontò la sua scoperta nella capitale francese, in una lettera al Journal de Paris. Alzandosi casualmente alle sei, Franklin vide con grande sorpresa il sole alto e la città addormentata. Nella sua lettera, calcolò in 32 mila tonnellate la montagna di cera necessaria nelle case dei centomila parigini dal 20 marzo al 20 settembre. E propose di tirar giù dal letto la gente prima, con le campane delle chiese e magari con una cannonata.
Una questione (anche) di armi: in anni recenti, negli Usa due studiosi della Brookings Institution hanno rilevato un calo della criminalità quando è in vigore l’ora legale. La maggioranza dei reati in strada avviene tra le 17 e le 20. Più luce, meno scippi? I detrattori del cambio avanti/indietro citano diversi studi secondo cui intervenire sull’orologio biologico comporta un aumento degli incidenti stradali e degli attacchi di cuore. Quanto al risparmio energetico, oggi non ci sono prove né a favore né contro. Lancia dubbi sull’opportunità di avere giornate più lunghe la University of California, che mette in guardia dall’aumento dei consumi dei condizionatori.
L’orologio della storia e l’ora legale. Anche il Giappone vorrebbe introdurla (due ore avanti) seppur temporaneamente, tra il 2019 e il 2020. Motivo? Le Olimpiadi: si teme che un caldo simile a quello patito quest’estate (140 morti) possa nuocere ai Giochi. Ma anche a Tokyo ci sono scienziati che lanciano l’allarme «troppe ore di luce». I giapponesi già dormono poco, e questo abbassa la produttività: le stime parlano di 138 miliardi di dollari persi ogni anno, quasi il 3% del pil.