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 2018  agosto 31 Venerdì calendario

La vicenda di Claudia Cardinale: violentata, ebbe un figlio e se lo tenne

Tanto bella da mozzare il fiato, quanto mediterranea da restituirlo al fuoco di quella passionalità che, per decenni, ha avvolto il suo fulgido personaggio. È molto ‘Cardinale’, Claudia, come quei numeri che, in matematica, indicano una quantità di oggetti contenuti in un unico insieme; e quel metro e settantatre di autentico fascino, difatti, ne comprende un’infinità. Di lei si conoscono le sinuose curve che ne hanno preceduto il talento, ma ci è familiare anche l’espressione vagamente imbronciata che sembra stonare sul volto di chi, dalla vita, ha avuto tutto. Invero, al di là delle apparenze, le ragioni per crucciarsi non le mancarono: aveva solo 16 anni quando uno sconosciuto la costrinse a salire sulla sua macchina e abusò di lei. Seppur giovanissima, cominciava già a sentirsi distinta da quella resilienza che diventò il fulcro su cui avrebbe sempre fatto leva per sollevare la donna che divenne, così, quando si scoprì incinta, decise di tenere il bambino. Quanta palestra fece quel suo spirito vigoroso e indistruttibile per allenarsi a sovrapporre l’immagine dell’amore a quella della violenza, ogniqualvolta i suoi occhi indugiavano sulla tenera visione del piccolo Patrick. È così che chiamò il suo primogenito, in onore alla chiesa londinese in cui venne battezzato. Per partorire fu infatti ‘esiliata’ nella capitale britannica, affinché il pubblico non scoprisse della sua maternità e non la vivesse come un tradimento da parte della diva che, nel frattempo, aveva già cominciato a muovere i primi passi nel cinema. Una fase difficile quella, ma si sa, con l’amore si supera tutto, e lei poté attingerlo solo alla sua fonte di donna che ha imparato a bastare a se stessa: l’uomo che aveva accanto – il produttore Franco Cristaldi – non manifestò mai compenetrazione verso le tragiche vicissitudini della compagna, e continuò a spremerla come un limone di cui, quando non restò più succo, gettò via la buccia. «Con lui ero praticamente un’impiegata, una subalterna che veniva pagata al mese per i quattro film l’anno che facevo» rivelerà la Cardinale su Cristaldi in un’intervista al Corriere «non lo chiamavo nemmeno per nome, ma per cognome. Mio padre e mia madre erano furibondi».

SODALIZIO AMOROSO A raccogliere quella buccia dall’asfalto rovente della delusione, sarebbe stato prima Pasquale Squitieri – con il quale condivise un lungo sodalizio amoroso e professionale e, soprattutto, la genitorialità del suo secondo figlio – poi Hollywood che, incurante del temperamento ribelle della beniamina d’Italia, avanzò la pretesa di accaparrarsela con un contratto di esclusiva su cui l’attrice non appose mai la firma. È così che la diva si esprime in merito alla sua esperienza americana: «Era il periodo in cui invitavano tutte le attrici europee di un certo successo, non tanto per apertura e generosità, quanto perché gli americani volevano avere il monopolio delle star e cercavano di farle proprie. Ma il più delle volte ti distruggevano, e io mi sono difesa da tutto questo rifiutando con decisione l’offerta di un contratto in esclusiva con la Universal». Da che la conosciamo è sempre stata così, la nostra Claudia: genuinamente facinorosa e indomabile; combatte le sue battaglie con veemenza e ardimento anche nei film per i quali ha prestato il talento, dando comunque l’impressione di guerreggiare per cause onorevoli e accattivandosi la solidarietà di chicchessia, come quando scende con aria smarrita e malinconica dal vagone del treno in C’era una volta il West (1968), sulle note di uno dei più grandi successi di Ennio Morricone, e lo spettatore parteggia per lei pur misconoscendo il passato del suo personaggio. In quell’evocativa immagine si potrebbe riassumere tanto la vita della donna quanto quella dell’attrice, amate, ambedue, senza alcun condizionamento che ne scalfisca l’affetto da parte del pubblico. Non di rado la si è vista contorcersi e divincolarsi tra le braccia dei suoi partner maschili, come se mettesse i traumi delle violenze subite al servizio dell’arte, servendosi di essa per superarli ed esorcizzarli. E per convincersi di come la recitazione sia per lei la terapia più risolutiva, basta leggere le sue dichiarazioni in proposito: «Mi sono resa conto che per recitare usavo molto la mia vita interiore, che il mio modo di essere attrice era di mettere me stessa dentro i personaggi. Per recitare parto da me, e cerco di inventarmi nuovi modi di essere donna».
 
PIÙ FORTE DELLA VITA Cosa sarà stato a forgiare quello spirito sovversivo e bellicoso che nessuno si è mai sognato di ammansire’ Se ne sa abbastanza da sostenere che fu la vita stessa a dare a Claudia le più sonore scalpellate: la sofferenza è stata lo scultore delle sue bellezze, e lei le ha generosamente offerte a una platea che mai la scorderà. Il suo collega David Niven, con il quale condivise il set de La Pantera Rosa (1963), di lei, disse: «È la più bella invenzione italiana dopo gli spaghetti». Un’associazione nient’affatto casuale: Claudia Cardinale è uno spaghetto al dente che non cede alla cottura. Se lo vuoi flettere lo spezzi, ma di certo non lo pieghi; la vita ha ormai incassato la sconfitta e si è arresa all’idea che, tra le due, Claudia sarà sempre e comunque la più forte.