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 2018  agosto 29 Mercoledì calendario

L’algoritmo pittore. L’intelligenza artificiale all’asta ma il genio non è un calcolo

Dalla Primavera di Botticelli o i Covoni di Monet siamo arrivati a min G max D Ex [log D (x)) +Ez[log(1-D(G(z)))] o in parole povere Ritratto di Edmond de Belamy, una delle prime opera d’arte create da un Algoritmo, ossia quel procedimento matematico che risolve un problema. Insomma AI, l’intelligenza artificiale, ha deciso d’intraprendere la carriera dell’ artista e così questo autunno la casa d’aste Christie’s, per sconfiggere la noia del mercato dell’arte, metterà all’asta una delle sue prime opere con una stima dai 7000 ai 10,000 dollari , quasi un affare.


Dietro all’intelligentone artificiale che vuol fare il Van Gogh ci sono dei reali e banalissimi individui che vanno sotto il nome collettivo di Obvious, ovvio. Il loro portavoce è Hugo Caselles-Dupré che spiega al sito online di Artnet News il perché di questa idea sicuramente interessante sulla carta ma sulla tela molto, molto, deludente. La domanda che gli Obvious si pongono poteva essere una di quelle che Cioni Mario, al secolo Roberto Benigni, con tutti gli aggiornamenti del caso, avrebbe potuto pronunciare nel mitico Berlinguer ti voglio bene del 1977 di Giuseppe Bertolucci. «Po’ l’Algoritmo esse creativo? Mah!» Visti i risultati, questo algoritmo più che un artista artificiale ci pare un bischero reale.




Il mistero della creatività


Infatti utilizzando un sistema che si chiama Generative Adversarial Network gli artisti del gruppo hanno rimpinzato la testa di un generatore di ben 15000 ritratti dal XIV al XX secolo. Ora uno si aspetterebbe che fornito di cotante fonti d’ispirazioni il nostro genio artificiale avrebbe prodotto con la sua altrettanto artificiale fantasia qualcosa se non di bello almeno di mai visto, uno squarcio sul futuro dell’arte. Invece eccoti il ritratto di tale Edmond de Belamy, che altro non è che un ritratto non finito simile a qualsiasi ritratto non finito e di non eccelsa qualità di un pittore qualsiasi dell’800, di quelli che si trovano in qualsiasi mercatino dell’antiquariato di mezza Europa, magari con un accenno di distorsione tipo fotocopia. AI artista si rivela una DC ovvero una delusione colossale. Gli Obvious dovrebbero cambiare nome e chiamarsi Obvious & Banal. 


Tuttavia questi viaggi verso le frontiere estreme della tecnologia e dell’arte forse non c’insegnano molto sulla tecnologia ma ci dicono molto sul processo artistico. Se l’intelligenza artificiale darà sicuramente moltissime soddisfazioni alla scienza, portando enormi vantaggi alla soluzione di problemi reali, l’arte rimane un campo avvolto nel mistero. Da dove arriva un capolavoro? L’esperimento degli Obvious ci conferma che non arriva certo dalla quantità d’informazioni che un artista riceve . Allora? E’ chiaro che arriva da una zona profonda della natura umana che rimane, nonostante tutti gli sforzi possibili, inesplorata.




La nascita del genio


Un artista non si costruisce in laboratorio, almeno per ora e mi azzardo a prevedere che non si costruirà per molto tempo. Nemmeno madre natura può costruire volontariamente un artista. Se Frida Kahlo e Leonardo avessero avuto la possibilità di accoppiarsi non è detto che un loro figlio sarebbe diventato un genio. Picasso che ha figliato abbastanza non ha prodotto nessun grande artista. La creatività , il talento e la genialità crescono come le puntarelle un po’ dove gli pare. Coltivarli è difficile.


Ma l’Algoritmo fallito mette anche in luce un grande problema del sistema dell’arte oggi , accerchiata dai social e dalla tecnologia . Il dinamismo di questi due campi della cultura contemporanea accentua la sensazione di noia che attanaglia gli artisti e il loro mercato. Intrappolata in un sistema sclerotizzato, fatto di poche variazioni e limitati protagonisti, l’arte si abbandona nelle braccia di gente come gli Obvious che fanno sognare una vita nuova e diversa. Ma è solo un’illusione. Il compito e la condanna dell’arte, social , Intelligenza Artificiale o realtà virtuale che sia, rimane sempre lo stesso: ovvero non di sognare lei ma di continuare a far sognare tutti noi, sfuggendo all’ovvio e al banale. Una ricetta che sfido chiunque a trasformare in formula matematica. Non c’è cosa peggiore nell’arte che affidarsi al calcolo.