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 2018  agosto 29 Mercoledì calendario

«Un piccolo passo...». Ecco come nacque il motto di Neil Armstrong

Quando Neil Armstrong mise piede nell’ufficio di corrispondenza di Repubblica a New York, un giorno del 1986, la mia prima reazione fu di delusione. Con uno zainetto in spalla e un’aria spaesata da “out-of-towner”, come si dice in inglese, da timido provinciale, non emanava certo l’alone dell’eroe, tantomeno del personaggio mitico. Ma anche per questo la Nasa lo aveva scelto come comandante dell’Apollo 11: perché non era un egocentrico.
Era piuttosto – per dirla alla Graham Greene – un americano tranquillo, come scoprii nel corso di una lunga intervista. Evidentemente nemmeno l’accoglienza trionfale che riceveva ovunque dal giorno del suo ritorno sulla Terra gli aveva montato la testa.
Feci tante domande, ma una mi incuriosiva più di tutte: quando e come gli era venuta in mente la poetica frase che pronunciò appena toccato il suolo lunare. “Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità": parole entrate nella storia. La risposta fu ancora più sorprendente del suo aspetto da persona normale. «La pensai subito prima di scendere dalla scaletta», rispose. Subito prima? Stentavo a crederlo.
Immaginavo suggerimenti altolocati, consultazioni di libri e intellettuali, bozze sottoposte a commissioni governative.Sapeva di avere gli occhi del mondo su di sé, protagonista, come un novello Ulisse, di un’odissea nella spazio che tenne incollati al video miliardi di terrestri. «Le possibilità che la nostra navicella si sfracellasse all’impatto con la superficie della Luna o che qualcos’altro andasse storto erano piuttosto alte», ribatté Armstrong. «Durante l’avvicinamento eravamo stati impegnati da una serie di operazioni d’emergenza. Sarebbe stato futile pensare a cosa dire, fino a quando non ero certo che la missione sarebbe riuscita». Era la verità: la Nasa valutava le chance di allunaggio al 50 per cento e quando il modulo lunare Eagle giunse finalmente a destinazione restava carburante per appena 45 secondi. Coraggioso, laconico, pragmatico, prima di diventare pilota sperimentale e astronauta Armstrong aveva volato 78 missioni alla guida di un cacciabombardiere Usa nella guerra di Corea (una volta il suo aereo fu colpito, si gettò con il paracadute sperando di finire in mare, il paracadute si aprì malamente e atterrò nella giungla, dove lo ritrovarono i Marine) ed era atterrato di notte sulla portaerei Essex, manovra che secondo dati medici fa aumentare il battito cardiaco più di un lancio spaziale. Perciò la Nasa decise che questo americano tranquillo sarebbe stato il “First Man”, il primo uomo sulla luna.