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 2018  agosto 29 Mercoledì calendario

Corsivi e commenti

Riondino
Corriere della Sera
Dopo cantanti, scrittori e putipù, anche l’attore Michele Riondino ha deciso di annunciare al mondo che Salvini gli sta sulle scatole. In qualità di maestro di cerimonie della Mostra del Cinema di Venezia, Riondino ha affermato di non volere il ministro tra le calli. Se venisse, eviterebbe di incontrarlo, non sentendosi rappresentato da lui. Oddio, adesso quell’altro gli manderà la consueta raffica di bacioni. Per il teorico dei respingimenti non esiste delizia maggiore che sapersi respinto. L’odio ha il potere di rilassarlo: ogni sera prende due tweet di Saviano prima di andare a dormire.
Anche nella sua ultima versione riondina (Cinquestelle tendenza Fico), la sinistra conserva il bisogno di definirsi attraverso il rifiuto dell’avversario e la sua trasformazione in nemico. Fu così con Craxi, con Berlusconi (chi scrive diede il suo modesto contributo alla causa) e ora con Salvini, l’ennesimo Male Assoluto. Il guaio di questa astutissima politica è che a sentirsi disprezzato non è mai il bersaglio del disprezzo. Sono gli elettori. Non Salvini, che se ne infischia, ma i sommersi e i salvinizzati, trattati alla stregua di razzistelli che si lasciano spaventare da quattro migranti. Per convincerli ad avere più coraggio, forse basterebbe smettere di irridere le loro paure. Quanto a Riondino, è un vero peccato che non abbia ancora invitato Salvini a Venezia. Il respingitore, non sentendosi più respinto, sarebbe costretto a mostrarsi un po’ meno respingente.
Massimo Gramellini



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Delitto perfetto
la Repubblica
Se sale lo spread, è colpa delle lobby finanziarie che ci ricattano. Se arrivano i migranti, è colpa del piano di sostituzione etnica ordito da Soros. Se l’economia va male, è colpa dell’euro. Se l’Europa ci sanziona, è colpa dell’Europa. Se Salvini è inquisito, è colpa dei giudici. Se lottizzano la Rai, è colpa di chi l’ha lottizzata prima. Se un ministro parla come il ragionier Filini, è colpa di chi glielo fa notare per screditare il popolo. Se la mafia prospera, è colpa di Gomorra. Se la situazione precipita, la colpa è della situazione.
Questo governo è il delitto perfetto. Avanza protetto da una corazza di alibi mai vista al mondo. Qualunque disgrazia lo attenda (ovvero: ci attenda) non solo non gli sarà imputabile, ma varrà come la prova dell’esistenza del Male che vuole nuocere al Bene. Si adatta splendidamente al governo gialloverde la celebre tirata di John Belushi (nei Blues Brothers) di fronte alla fidanzata inferocita, che vuole ucciderlo per essere stata abbandonata davanti all’altare: «Non è stata colpa mia. Non ti ho tradito, ero rimasto senza benzina, avevo una gomma a terra, non avevo i soldi per prendere il taxi, la tintoria non mi aveva portato il tight, c’era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette, non è stata colpa mia!» Il problema è che la fidanzata gli crede. Si commuove, depone il fucile e lo bacia.
Michele Serra



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Sì, grazie
La Stampa
Renzo Piano, uno dei più celebrati e richiesti architetti del mondo, ha donato un progetto per sostituire il ponte Morandi crollato il 14 agosto. Quando qualcuno dona qualcosa ci sono due possibilità: rispondere sì grazie o no grazie. Il sindaco di Genova e il presidente della Liguria, entrambi di centrodestra (annotazione meschina, ma poi se ne capirà la ragione) hanno risposto sì grazie. Dal governo non hanno proprio risposto, almeno a sera. Forse avevano altre urgenze, forse la notte porterà consiglio. Vedremo. Ma questo è soltanto un dettaglio. Poi si sa che la politica ha i suoi codici, e naturalmente non sono i codici di Piano. All’amministrazione di centrosinistra regalò il progetto della nuova Torre dei Piloti, dopo l’abbattimento della vecchia per la manovra sbagliata di una nave. Qualcuno, nell’eterno riparo dei senza tetto del pensiero, lo iscrisse alla sconfinata e fuggevole categoria dei radical chic. E anche questo è soltanto un dettaglio. Non è invece un dettaglio che Piano abbia rifiutato l’idea di una ricostruzione del ponte in tempi record. Lui vorrebbe i tempi giusti. I tempi record appartengono al lessico fanfarone della propaganda, i tempi giusti appartengono al lessico delle opere fatte per bene. E non è un dettaglio che abbia parlato del ponte non come di un coso che unisce qui con lì, o per offrire il suo contributo di fauci alla caccia al criminale, ma di un’occasione per ripensare il quartiere, e porti con sé qualcosa del ricordo, qualcosa del futuro e qualcosa della genovesità. Ecco, questi non sono più i codici della politica, ma continuano a essere la Politica. 
Mattia Feltri


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Uomo e animale
il Giornale
L’uomo è crudele. E, fino al nostro tempo, animale fra gli animali, ha ucciso. Che differenza c’è fra uccidere un animale e uccidere un uomo? Nessuna. Non è un duello. Il più forte uccide il più debole. Un uomo armato, è cieco di fronte alla vita, spara e uccide chi è disarmato davanti a lui. Di un assassinio si tratta. Da bambino vedevo le donne strozzare i polli (oggi non si vede più) come un atto naturale, parte delle nostre abitudini, e poi bruciare, «strinare» le piume sulla pelle, che ancora si chiama «pelle d’oca», e non avvertivo la loro violenza. Poi il pollo arrivava nel piatto, con le sue ali e le sue cosce. Era la vita (e la morte) quotidiana. Oggi sono a vedere (non a cacciare) animali in una grande riserva in Africa. La caccia è riuscire a incontrare, mansueti all’apparenza, in una vastissima aerea, semiliberi, i «big five»: leoni, elefanti, rinoceronti, bufali, leopardi. Belli e potenti. Si incrociano, si rispettano. L’uomo ha la forza di ucciderli. Sento dire che i bufali con elmi guerrieri sono pronti a difendersi da leoni placidi e minacciosi, apparentemente in riposo davanti a leonesse appagate dormienti. Vedo licaoni famelici simili a jene, e fragili impala nati per fuggire. Ovunque domina il silenzio, come in attesa di un’imboscata. Ma il male degli uomini è vile, improvviso. Ti coglie impreparato. Qui tutto è in armonia, anche la violenza. Dalla cima di un albero, immota e indisturbata, una civetta fissa la notte.
Vittorio Sgarbi



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Orban
ItaliaOggi
Come mai l’Ungheria di Orban (che ieri si è incontrato a Milano con Salvini) suscita tanto allarme nell’establishment politico europeo e soprattutto nel presidente francese Macron? Quest’ultimo l’accusa sdegnosamente (con un coro mediatico immenso e starnazzante) di aver voluto sottoporre il potere giudiziario al potere politico. Macron, non nuovo a questi exploit, dimentica però (anche perché nessuno glielo fa ricordare) che pure in Francia i procuratori sono nominati dal governo. Ma perché tanto accanimento da parte di una entità come la Ue (che ha 508 milioni di abitanti) e di un paese, la Francia, che ne ha 67 milioni, contro un paese che ha solo 9,7 milioni di persone? Il fatto è presto spiegato. I paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia) stanno attirando alle loro tesi altri paesi. E questo allarma Parigi che, nella Ue, vuole paesi sudditi e non paesi interlocutori. Finora c’è riuscita. Ma Visegrad non è d’accordo.