La Stampa, 28 agosto 2018
Ecco fatti e omissis del dossier Viganò contro Francesco
Credo che il comunicato di Viganò parli da sé, e voi avete la maturità professionale per trarre le conclusioni». Con queste parole Francesco ha invitato a leggere il dossier di 11 pagine divulgato dall’ex nunzio negli Stati Uniti che chiede le dimissioni del Papa.
L’accusa al Pontefice è di aver coperto l’83enne cardinale emerito di Washington Theodore McCarrick, che aveva avuto relazioni omosessuali con seminaristi maggiorenni e sacerdoti.
L’operazione anti-Francesco
La clamorosa decisione del diplomatico vaticano di violare il giuramento al Papa e il segreto d’ufficio è l’ennesima bordata contro Francesco portata avanti in modo organizzato dagli stessi ambienti che un anno fa avevano cercato di arrivare a una sorta di impeachment dottrinale (non riuscito). Viganò è infatti tra i firmatari della “Correctio filialisˮ che ha dichiarato Papa Bergoglio un propagatore di eresie, ed è ben collegato agli ambienti più conservatori Oltreoceano e in Vaticano.
La denuncia del 2000
I fatti, presumendo che quanto affermato da Viganò sia vero. Il 22 novembre 2000 il frate Boniface Ramsey, scrive al nunzio apostolico negli Usa Gabriel Montalvo e lo informa di aver sentito voci secondo le quali McCarrick aveva «condiviso il letto con seminaristi». Un giorno prima, il 21 novembre, Giovanni Paolo II nominava McCarrick arcivescovo di Washington. Viganò annota che questa segnalazione trasmessa dal nunzio alla Segreteria di Stato, guidata allora dal cardinale Angelo Sodano, non ebbe alcun seguito. L’anno successivo Wojtyla includeva McCarrick nel collegio cardinalizio. Nel suo dossier Viganò scarica - senza alcun indizio - la “colpaˮ della nomina su Sodano spiegando che il Papa all’epoca era già ammalato e quasi incapace di intendere e di governare la Chiesa. Chiunque abbia conoscenza di cose vaticane sa che ciò non è vero, almeno non lo era nell’anno 2000: Giovanni Paolo II vivrà per altri cinque anni. E sa anche che allora, nello stretto entourage wojtyliano che controllava le nomine, c’erano il segretario particolare del Papa Stanislaw Dziwisz (nome che Viganò omette) e il Sostituto della Segreteria di Stato poi Prefetto dei vescovi Giovanni Battista Re. Quella prima segnalazione, senza denuncianti che se ne assumessero responsabilità in prima persona, forse non era ritenuta attendibile?
Le “sanzioni” di Ratzinger
Nuove denunce arrivano nel 2006, quando il Papa è Benedetto, il Segretario di Stato è Tarcisio Bertone. L’ex prete e abusatore di bambini Gregory Littleton fa avere al nunzio negli Usa (in quel momento Pietro Sambi) una memoria nella quale racconta di essere stato molestato sessualmente da McCarrick. Viganò prepara un appunto per i superiori, che non rispondono. Vale la pena di ricordare che in quel momento McCarrick è già in pensione. Nel 2008 di nuovo circolano accuse di comportamenti impropri di McCarrick e di nuovo Viganò manda un appunto. Nel 2009 o nel 2010, Benedetto XVI interviene e ordina presumibilmente a McCarrick di fare vita ritirata, di preghiera e di non abitare più nel seminario neocatecumenale Redemptoris Mater da lui aperto a Washington.
Nessuno vigila
L’ordine di Benedetto non diventa pubblico. Indulgenza per un cardinale ormai vecchio e in pensione? Di certo durante gli ultimi tre anni del pontificato di Raztinger McCarrick non cambia il suo modo di vivere: lascia il seminario ma celebra ordinazioni, tiene conferenze, partecipa a udienze papali, viaggia. E anche Viganò, allontanato dal Vaticano per decisione di Benedetto XVI che lo “promuoveˮ nunzio a Washington, non appare così preoccupato della situazione, visto che sono documentate sue partecipazioni ad eventi pubblici con il porporato molestatore, come l’attribuzione di un premio a McCarrick (il 2 maggio 2012, Pierre Hotel in Manhattan). Perché ora che aveva il potere di arrivare direttamente a Benedetto XVI, in qualità di suo rappresentante in una delle sedi diplomatiche più importanti del mondo, Viganò non si ribella, non agisce, non chiede udienza, non fa rispettare le disposizioni restrittive?
Il coinvolgimento del Papa
Il Papa attuale, vero e unico bersaglio dell’intera operazione, entra in scena nel giugno 2013. McCarrick, ultraottantenne, non ha partecipato al conclave, è un cardinale pensionato ma iperattivo. Viganò va in udienza da Francesco e rispondendo a una sua domanda (non è il nunzio a fargli il nome di McCarrick, non gli porta documenti) fa presente che il cardinale «ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti» e che in Vaticano c’è un dossier. Tutto qui. Passano quattro anni e mezzo e Oltretevere arriva, per la prima volta, notizia di un abuso su un minore commesso cinquant’anni prima da McCarrick, giovane prete. La denuncia è del 2018. Si apre il procedimento canonico, emergono nuove notizie. Con una decisione che non ha precedenti nella storia recente della Chiesa, Francesco non solo impone il silenzio e la vita ritirata a McCarrick, ma gli toglie pure la berretta cardinalizia.
Fatti e logica stravolta
C’è un Papa santo il cui entourage (molto meno santo) ha promosso e fatto cardinale un vescovo omosessuale che abusava del suo potere portandosi a letto i seminaristi. C’è un altro Papa oggi emerito che avrebbe ordinato a questo cardinale di vivere ritirato ma senza essere in grado di far rispettare i suoi ordini. E c’è un Papa che a quel cardinale, nonostante fosse anziano e pensionato da tempo, ha tolto d’imperio la porpora. Eppure è di quest’ultimo che l’ex nunzio chiede la testa, soltanto perché Francesco ha nominato negli Usa qualche vescovo non così conservatore come avvenuto nei decenni precedenti.