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 2018  agosto 28 Martedì calendario

Gli immigrati? Oltre il 70% pensa che siano 4 volte di più

Gli immigrati in Italia sono il 7% (il 9 se consideriamo quelli provenienti da altri Paesi della stessa Unione europea), ma il 70% degli italiani crede siano circa il quadruplo. A dirlo è la ricerca dell’Istituto Cattaneo «Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione». Secondo lo studio, tra gli europei, «gli italiani sono quelli che mostrano un maggior distacco tra la percentuale di immigrati non Ue realmente presenti nel Paese e quella percepita, pari al 25%». I Paesi in cui lo scarto è di poco inferiore a quello italiano sono Portogallo, Spagna e Regno Unito. In Italia, sottolinea il report, la differenza tra la percentuale di presenze reali e quelle percepite cresce all’aumentare della diffidenza verso gli immigrati e quindi non sarebbe solo frutto di una scarsa informazione ma anche di «pregiudizi radicati negli elettori». Lo scarto è maggiore tra coloro che si definiscono di centrodestra o di destra, scende invece al di sotto della media nazionale tra coloro che si considerano di centrosinistra o di sinistra. Anche gli intervistati di sinistra, tuttavia, credono che gli immigrati in Italia siano più del doppio di quelli realmente presenti. L’orientamento politico non è l’unico fattore che fa variare la distanza tra realtà e percezione. Un altro elemento da considerare è il grado di istruzione. «Per chi non è andato oltre la scuola dell’obbligo – rivela il rapporto – l’immigrazione in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti, attestandosi al 17,9». 
I dati variano anche in base all’area geografica di appartenenza. Nel Nord Italia il livello di immigrazione è stimato dagli intervistati al 20% circa, mentre al Sud arriva a superare il 27. «Questo – evidenziano dall’Istituto Cattaneo – è particolarmente significativo perché contrasta completamente con la realtà». Nel Mezzogiorno, infatti, gli immigrati sono meno del 5% della popolazione, mentre nelle regioni settentrionali sono circa il 10. La distorsione dipende anche dal fatto che «i dati a disposizione dell’opinione pubblica sono spesso frammentari e presentati in maniera partigiana».