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 2010  maggio 07 Venerdì calendario

Prima ferrovia in Afghanistan

Sarà il fischio di una locomotiva verde-azzurra, battente bandiera uzbeka, a segnare l’ingresso dell’Afghanistan nell’era delle ferrovie. A settembre verrà inaugurata la linea che da Hayraton, sul confine con Uzbekistan, arriva a Mazar-e-Sharif, seconda città del Paese e principale centro degli scambi commerciali con l’Asia centrale. I binari sono pronti: 75 chilometri che riempiono un buco nella storia gloriosa delle strade ferrate, e rischiano di riaccendere il Grande gioco tra occidentali, russi e cinesi.
Finanziata con 170 milioni di dollari dall’Asian Development Bank (Adb), la costruzione della linea Hayraton-Marazi-e-Sharif è stata appaltata alle ferrovie uzbeke. Con 150 mila soldati della Nato da rifornire, e le strade che arrivano dal Pakistan e da Turkmenistan infestate da banditi e taleban, una via sicura e sorvegliata è una manna per il tentativo di stabilizzare il Paese: abbatte il costo dei trasporti, specie di carburante, taglia le gambe alle bande che vivono chiedendo il pizzo ai camionisti, mazzette che finiscono in gran parte nelle mani degli insorti.
Il progetto ha ricevuto il plauso del comandante americano, il generale Stanley McChrystal. «È un’opera che cambierà il Paese – spiega Juan Miranda, direttore dell’Adb per l’Asia centrale -. E servirà a superare il collo di bottiglia che congestiona i traffici sulla frontiera». A Maraz-e-Sharif, i binari saranno collegati alla Ring Road, l’autostrada ad anello che lega i capoluoghi di provincia e che i genieri dell’Isaf, compresi quelli italiani, stanno riparando tra mine e agguati continui.
Ma il vantaggio tattico rischia di trasformarsi in una disfatta strategica. «Chi controlla le strade di accesso, e le ferrovie, controlla l’Afghanistan», sostiene Malou Innocent, autore dell’inchiesta «Via dalla tomba degli imperi, una exit strategy per l’Afghanistan». Ci vorranno, secondo Innocent, «migliaia di soldati per sorvegliare la nuova linea, altrimenti sarà distrutta alla stessa velocità con la quale è stata costruita». E se anche dovesse funzionare, più che le truppe occidentali, la ferrovia finirà per aiutare la penetrazione della Russia, collegata all’Uzbekistan, e della Cina.
L’azienda di Stato cinese Mcc – che ha ottenuto la concessione per lo sfruttamento della miniera di rame di Ainak, seconda più grande al mondo, a 80 chilometri da Kabul – ha promesso al governo di Karzai di costruire oltre mille chilometri di ferrovia, da Mazar-e-Sharif a Jalalabad, passando per la capitale. Altri progetti, meno avanzati, propongono collegamenti con Kandahar dal Turkmenistan e una via diretta dal Sud a Kabul. L’Asian Development Bank è invece pronta a finanziare il tratto da Mazar-e-Sharif a Herat, a ovest, verso l’Iran.
Sono i capitali asiatici che intendono proiettare l’Afghanistan nell’era delle strade ferrate, anche se con due secoli di ritardo. Anomalia dovuta soprattutto alla posizione strategica del Paese, che nell’Ottocento ne aveva fatto il prototipo dello «Stato cuscinetto». L’impero russo e quello britannico si erano ritagliati a fette l’Asia centrale e le strade ferrate erano l’ossatura delle nuove conquiste. Quando decisero di fermarsi, nel primo decennio del Novecento, si fermarono anche i binari, che da nord erano arrivati a Samarcanda e Buchara, in Uzbekistan e da Sud fino a Peshawar e Quetta, nell’attuale Pakistan.
In una pausa del Grande gioco, negli Anni Venti, i tedeschi riuscirono a realizzare una piccola tratta, 7 chilometri da Kabul alla residenza reale di Darulaman. Poco più di un giocattolo, che il re Amanullah Khan, con smanie di indipendenza dai suoi padrini britannici, voleva trasformare in simbolo della modernizzazione. Erano arrivate anche due locomotive e i vagoni. Poi Amanullah Khan fu assassinato, il progetto cancellato. A Kabul restano solo due motori arrugginiti, in un museo dismesso vicino alle rovine del palazzo reale di Darulaman.

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Posto al crocevia centrale asiatico il paese non ha mai avuto ferrovie. Il fatto è emblematico, dato che tutti i paesi confinanti con l’Afghanistan ne hanno; tale fatto ha costituito un problema più che un vantaggio.

Infatti i paesi confinanti si affacciano all’Afghanistan con i loro sistemi ferroviari, diversi per scartamento e caratteristiche. Alla frontiera nord i paesi della ex Unione Sovietica adottano lo scartamento largo russo di 1520 mm. A est la Cina adotta lo scartamento standard di 1435 mm. A sud il Pakistan adotta lo scartamento largo indiano di 1676 mm; mentre a ovest l’Iran adotta lo scartamento standard di 1435 mm, come la Cina.

Tutti i paesi confinanti hanno fatto forti pressioni affinché fosse adottata una estensione del loro scartamento nel paese, costituendo tale fatto una evidente testa di ponte privilegiata, utilizzabile per il condizionamento economico del paese, e per favorire i loro commerci. Per tale motivo le pressioni furono sempre eluse e respinte.

Attualmente è stato completato un tratto ferroviario di 75 chilometri, sotto assistenza statunitense, che dalla cittadina afghana di frontiera con l’Uzbekistan, Hairatan, penetra verso sud fino alla cittadina di Mazar-i Sharif, con prevista estensione fino a Herat. Il tratto quindi è connesso con la rete dell’Uzbekistan, e adotta lo scartamento largo russo di 1520 mm, in uso in Uzbekistan; il tratto costituirà la prima parte del possibile asse ferroviario settentrionale dell’Afghanistan, con connessione frontaliera settentrionale.

In seguito alla costruzione di questa ferrovia si è verificata un storica apertura di dialogo tra il Governo iraniano ed il Governo afghano, per la costruzione di un tratto ferroviario di 191 chilometri tra Khaf, Iran ed Herat, Afghanistan, provenendo da ovest, e collegando il sud-ovest dell’Afghanistan con l’Iran settentrionale. Il finanziamento è in gran parte a carico del governo iraniano e in parte a carico del governo afghano, Il finanziamento della ferrovia è supportato da un gruppo di banche asiatiche[18]. Il tratto ferroviario è a binario unico a scartamento standard, come è quello iraniano. (https://it.wikipedia.org/wiki/Afghanistan#La_questione_della_ferrovia).