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 2018  luglio 30 Lunedì calendario

Intervista a Giulia Bongiorno: «Dico no al Far West, nessuno vuole più armi»

La nomina di Foa? «Lasciatelo lavorare». Il neo razzismo colpa di Salvini? «Non esiste». Il Far West? «Nessuno vuole più armi». Cantone? «Siamo contro le procedure farraginose, non contro di lui». Giulia Bongiorno per fare il ministro della Funzione pubblica non fa più l’avvocato (e sicuramente ci rimette). A Repubblica racconta la sfida di digitalizzare la Pubblica amministrazione.
Ancora episodi di razzismo a Partinico. Eppure Salvini nega l’allarme razzismo.
«Infatti non esiste. L’unico allarme con cui fare i conti è il caos che nasce da scelte sbagliate di indiscriminata apertura delle porte a qualunque immigrazione: ne sono scaturiti singoli episodi di insofferenza e ostilità. Vanno condannati, ma senza inventare un generico “allarme razzismo” che non esiste».
Lei è una madre che ha voluto fortemente suo figlio, Ian. Non la turba il pensiero che chiudere i porti e respingere le navi in mare aperto fa morire anche tanti bambini?
«Mi turba che si ignori quello che viene prima di questa domanda.
Esiste in Europa chi respinge alla frontiera e chi difende i confini con le armi: è impossibile, con tutta la generosità e la sensibilità del mondo, che l’Italia si faccia carico da sola di un dramma collettivo. La linea di rigore di Salvini ha generato un cambio di passo in Europa».
E le donne? Leggendo la storia di Josefa e dell’altra donna lasciata morire dai libici cos’ha pensato?
«Noto in questo periodo un’ansia spasmodica di attaccare Salvini anche quando – come in questo caso – mancano i presupposti: il Viminale aveva indicato Catania come porto sicuro».
Lei ha fondato con Michelle Hunziker l’associazione Doppia Difesa. Non pensa che anche queste donne abbiano diritto a una tutela?
«La violenza non ha nazionalità e Doppia Difesa tutela molte donne straniere impaurite dalle situazioni di violenza in cui sono costrette a vivere, le aiuta a trovare il coraggio di denunciare. Ma esiste un secondo allarme da non sottovalutare, rappresentato da uomini che arrivano in Italia da paesi in cui la donna è considerata inferiore e che non cambiano mentalità e abitudini solo perché da noi esiste – almeno sulla carta – la parità».
E sulla legittima difesa?
Pensa davvero che lo slogan salviniano, facciamola “senza se e senza ma” , sia costituzionale? Non è solo una mossa elettorale?
«Io sono per il diritto di reazione: l’aggressione genera ansia e paura e chi viene aggredito deve avere un diritto di reazione ampio e incontestabile.
Chiunque entra in casa altrui per rubare o uccidere accetta il rischio di questa reazione».
E se si arriva al Far West, come teme il Presidente Mattarella?
«Nessuno vuole più armi o maggiore libertà nel loro uso: quindi, parlare di Far West è fuorviante. Bonafede ha le idee chiare sul tema».
Difende Salvini anche nella contestata nomina di Foa alla Rai, definito dal Pd sovranista e antifemminista?
«Da che pulpito viene la predica... Fatelo lavorare e giudicatelo per quel che farà».
Nella sua storia c’è un importante capitolo sulle intercettazioni. In consiglio dei ministri ha condiviso la soluzione Bonafede di bloccare la riforma Orlando?
«Quella riforma era pericolosa perché attribuiva un potere pressoché illimitato all’operatore che ascolta le conversazioni. Apprezzo molto la scelta del ministro».
L’Anac di Cantone è nel mirino del governo Conte?
Puntate a ridimensionare la sua figura, a togliergli quel potere di controllo su gare e capitolati che ne ha fatto un modello in Europa?
«Nel mirino del governo ci sono le procedure farraginose, non certo Cantone. Tra l’altro, quando ultimamente ho avuto modo di lavorare con lui, ho apprezzato il suo approccio concreto e rapido».
Corruzione e codice degli appalti. Come lo state cambiando? Che tempi vi date? Anche lei segue la linea di Conte della liberalizzazione?
«Chi deve confrontarsi con la PA spesso ha troppi interlocutori, troppi uffici, troppe autorizzazioni da chiedere: tutto ciò nella migliore delle ipotesi esaspera, nella peggiore induce a cercare scorciatoie illecite. La mazzetta serve a oliare il meccanismo, dunque se si semplificano le procedure ci saranno anche meno mazzette».
Se fosse così, non sarebbe un’evidente contraddizione con i controlli minuziosi che lei vuole introdurre per i dipendenti pubblici?
«Chiariamo una volte per tutte: il mio obiettivo è motivare e premiare chi lavora bene. La motivazione è essenziale, ma mentre nel privato è facilissimo far sentire i collaboratori parte del progetto, nel pubblico è più difficile. Mi piacerebbe che ci si sentisse orgogliosi di lavorare nella PA».
Lei ha annunciato impronte e battaglia contro furbetti del cartellino. È così che li motiva? Non è una misura vessatoria?
«Sin dal primo giorno sono stati gli stessi dipendenti – quelli che lavorano con diligenza – a segnalarmi che in alcuni uffici si offre la metà del servizio a causa dell’assenteismo, una prassi molto più diffusa di quanto sembri. Lavorare tutti significa anche lavorare meglio».
Perché sostiene che le numerose riforme del passato hanno fallito?
«Ci sono pubbliche amministrazioni all’avanguardia, altre arrancano, altre ancora si trovano in una situazione quasi preistorica: le riforme si sono rivelate inutili perché hanno somministrato la stessa medicina, non troppo efficace, a pazienti che avevano malattie diverse».
Lei invece cosa farà?
«Spingerò al massimo per una trasformazione digitale che è ancora in fase di partenza e interverrò per motivare chi lavora nella PA. Penso a un nuovo sistema di valutazione oggettiva dei dirigenti che faccia emergere il merito, generando al contempo un effetto domino: sono i dirigenti motivati attraverso obiettivi sfidanti e valutazioni rigorose e imparziali a far funzionare le strutture, motivando a loro volta i collaboratori, coinvolgendoli e possibilmente entusiasmandoli.
Si tratta di innescare un cambiamento virtuoso, e io credo che sia possibile».
Lei ha parlato di voto dei cittadini, non c’è un rischio Grande Fratello?
«Il cittadino deve poter valutare alcuni profili dell’operato della PA come la tempestività».
Venerdì ha incontrato i sindacati. Cos’ha promesso?
«Ho ricordato loro che ho ricevuto un’eredità pesante in termini di confusione e conflitti aperti a causa di contratti chiusi male sotto pressioni elettorali: è come partire con l’handicap».
Nel suo ministero dicono che da quando lei è stata nominata non fa altro che studiare. Che sta studiando?
«Studio molto perché mi sento sempre indietro, studio anche di notte: studiare è indispensabile ed è il mio approccio. Lo facevo per i clienti e in questa fase della mia vita lo faccio per i cittadini.
Non mi piace leggere discorsi preparati interamente da altri».
Ma quando ci sarà un vero cambiamento?
«Con la trasformazione digitale effettiva ci sarà la rivoluzione della PA. Ma fino a oggi sulla digitalizzazione sono stati fatti errori grossolani. È stata annunciata come imminente una trasformazione che in verità richiedeva anni; si è immaginato un utente esperto di informatica, o comunque giovane, umiliando così quanti – per età o attitudine – fanno fatica a destreggiarsi con il computer. Invece bisogna coinvolgere tutti: chi non ha dimestichezza con l’informatica, per ragioni anagrafiche o personali, non può essere lasciato indietro».