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 2018  luglio 30 Lunedì calendario

La scrittrice Donatella Di Pietrantonio raccontata dal papà contadino

«Se mi ricordo quando è nata? Sicuro! Era il 5 gennaio 1962. C’era un tempo cattivo, pioveva a tutto spiano. Ero andato a prendere a cavallo Marietta, la mammina (l’ostetrica, ndr), ci abbiamo impiegato più di un’ora: lei in sella, io a piedi davanti con la corda in mano. Ho aspettato fuori dalla stanza. Ho sentito fare “uèèèèè” ed è nata questa qua».
Questa qua è Donatella Di Pietrantonio, professione dentista, fino a quando il Premio Campiello dell’anno scorso, conquistato con L’Arminuta, non ha messo in crisi le sue certezze lavorative: chiunque l’abbia letto spera che abbandoni al più presto specchietti e specilli per dedicarsi soltanto alla scrittura.
Papà Sabatino, 81 anni, contadino da sempre, voleva un maschio. «Eh, mica l’ho presa in braccio appena nata. Non la sapevo tenere nemmeno dopo, mi pareva che si rompeva». Nel soggiorno di casa a Colle Trotta, una contrada di Penne a venti minuti da Rigopiano, racconta senza filtri di questa figlia all’improvviso famosa, davanti a un bicchierino di liquore delle sue amarene fatto da Lucia, l’angelo custode della moglie Cesarina, anche lei nella nostra stanza, ma persa in un mondo misterioso e ovattato, dal quale si affaccia con timide strette di mano, leggere come piume. Donatella siede di fronte al padre, incuriosita da cosa potrà pensare di lei e dal modo in cui vorrà raccontarlo.
Sabatino non si nega. «Mia figlia? Silenziosa mai, vivace sì. È cresciuta in campagna. Quando andavamo per i campi la mettevamo all’ombra di un albero, con qualcosa che la proteggesse, che sennò rotolava giù fino al fiume. Eh, là se li è fatti di pianti... Sua mamma andava ad accarezzarla, ma poi doveva tornare a lavorare». A scuola è sempre stata la più brava. «Si portava i libri anche a tavola, li teneva sulle ginocchia. Quando era in terza elementare volevano promuoverla direttamente alla quinta, ma la maestra preferì non farle saltare una classe. Dalla quarta, che aveva fatto ad Arsita, doveva proseguire con la quinta a Penne, ma nessuno la voleva, non si fidavano della sua preparazione. Invece poi sono rimasti tutti a bocca aperta».
La laurea è stato un momento molto emozionante. «Si era iscritta a odontoiatria all’Aquila. Avrebbe voluto studiare per diventare giornalista, ma mi disse che i sacrifici che avevamo fatto per lei erano troppo grandi e preferiva una laurea con cui avrebbe trovato subito lavoro. Ha discusso la tesi a ottobre, c’era tempo cattivo, pioveva. Io e Cesarina abbiamo solo ascoltato. Finite le domande una professoressa ha chiesto se poteva farne un’ultima fuori tema. Ha fatto ’sta domanda e vedo mia figlia raccogliere le forze... E poi è partita, come quando tutti i fagioli cadono per terra uno dopo l’altro facendo rumore. E allora la professoressa le ha detto: 110 e lode e i complimenti della commissione». Si emoziona anche adesso, Sabatino, ripensando a questa figlia magica, arrivata così lontano dal punto di partenza.
Che aveva vinto il Campiello gliel’ha detto Lucia tutta affannata. «Io stavo arando, ero sul trattore. Lucia era più emozionata di me. Però, che senso può tenere questo titolo... (arminuta in dialetto si usa solo al participio passato, per dire “è ritornata”, ndr). Ma dopo mi sono accorto che qualcosa era cambiato perché le persone hanno cominciato a fermarmi e a farmi i complimenti. Prima uno, poi un altro: mi facevano vergognare. Però era bello, eh... In farmacia sembrava scoppiata la bomba atomica, la dottoressa è venuta fuori a dirmi che figlia brava che avevo. E non è finita. Tre mesi fa sono ito al mattatoio di Pescara a portare una bestia e c’erano tre veterinarie femmine. Allora il trasportatore dice: “Lo sapete che questo è il padre della Di Pietrantonio, quella del Campiello?”. E tutte e tre sono venute a darmi la mano...».
Certo, ci sono state le volte in cui gli ha anche fatto perdere la pazienza. «È capricciosa! Una volta dovevo accompagnarla a Penne a prendere il pullman per L’Aquila, era già tardi, e lei si è presentata con dei jeans che avevano le tasche strappate. Ma dico... Un’altra volta mi ha fatto arrabbiare così tanto che le ho detto: “Visto? Sei entrata dalla porta e ti faccio uscire dalla finestra!». Donatella aggiunge divertita che il giorno di Pasqua era ancora talmente arrabbiato che aveva scartato tutte le pietanze preparate da lei e aveva mangiato solo quelle cucinate dalla zia.
Da chi ha preso questa figlia così speciale? «Tutto dalla mamma, dalla A alla Zeta. Mia moglie la chiamavano “la letterata”, perché era l’unica ad aver fatto la terza media. Leggeva il libro Cuore ai vicini con la candela o la lampada ad acetilene, non avevamo ancora la corrente elettrica: ascoltandola, piangevano tutti». Dal papà, però, ha preso il cuore così bianco. Che bello sentirlo battere.