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 2018  luglio 30 Lunedì calendario

Tav, la minaccia della penale che vale solo al confine

Dice il vicepremier Luigi Di Maio che per l’Italia non ci sono penali da pagare «in caso di revisione» della Tav. E un po’ ha ragione. La parte solo italiana del progetto può essere modificata a piacimento, dal tunnel nella collina morenica alle porte di Torino fino alla stazione internazionale dell’alta velocità in Val Susa, per altro non ancora finanziata. Ma quando si parla di Tav, si intende «il buco» nella montagna. I 57 chilometri di galleria che cominciano dopo Susa e finiscono a Saint Jean de Maurienne, in Francia. Quella è la sezione transfrontaliera, oggetto di un accordo internazionale firmato nel 2015 da Ue, Italia e Francia. I lavori preliminari la tratta comune sono costati finora 1,5 miliardi, 750 milioni pagati dall’Ue, 325 dalla Francia. A questa cifra vanno aggiunti altri 813 milioni stanziati da Bruxelles nell’esercizio 2015-2020. Per tornare indietro servirebbe comunque una legge da far votare a entrambe le Camere. A quel punto, si entrerebbe in zona Brexit. Una situazione senza precedenti. Il diritto internazionale sancisce il diritto di Ue e Francia alla restituzione attualizzata delle somme sborsate. La Tav dipende dal Connecting Europe Facility, il fondo che finanzia i progetti nei trasporti per conto dell’Ue. Nello statuto del Cef è prevista l’applicazione sulla parte inadempiente di una penale che può andare dal 2 al 10% degli investimenti previsti per l’opera in questione. In caso di inadempienza ritenuta grave, scatterebbe il blocco per 5 anni di tutti i contributi del Cef allo Stato «colpevole», una sanzione finora mai applicata. Al conto bisognerebbe poi aggiungere le penali previste per i 26 appalti siglati da Telt, l’agenzia che presiede alla realizzazione della parte transfrontaliera. La cifra si aggira sui 400 milioni. Ci sarebbe poi la messa in sicurezza per i 24 chilometri di gallerie già scavati. L’onere ricadrebbe sull’Italia anche per la parte francese. Altri 300 milioni. Alla fine il prezzo per non fare quel buco nella montagna potrebbe sfiorare i tre miliardi. Le modifiche in zona italiana invece sono gratis. Ma si tratta di ritocchi. Di Maio dovrebbe saperlo. Il problema, per lui e per i Cinque Stelle, è che lo sa bene anche il movimento No Tav.