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 2018  luglio 28 Sabato calendario

Il disgelo in 55 bare: Kim rimanda in America i resti dei caduti in Corea

Tornano a casa dentro scatoloni bianchi e blu che sembrano pacchi regalo e sono invece bare di cartone con i colori dell’Onu, gli ultimi 55 soldati americani caduti nella “Guerra Dimenticata”, il conflitto coreano fermato nel 1953. Sono il tragico, macabro “pacco dono” che il satrapo del Nord, Kim Jong-un ha offerto al presidente Donald Trump per segnalare una possibile nuova era di pace fra quelle due mezze nazioni che 65 anni or sono coinvolsero 18 Paesi sotto le bandiere Onu contro l’"Impero del Male” ancora alleato fra Urss e Cina. E consumarono almeno due milioni e mezzo di vite umane fra civili e militari per lasciare la situazione fra Nord e Sud esattamente come era prima.
È un classico gesto simbolico di buona volontà la consegna dei resti di soldati uccisi in combattimento e preservati con il preciso scopo di diventare, un giorno, merce di scambio, come accade con i prigionieri di guerra o con le spie. Già fu fatto dal governo vietnamita, dopo la definitiva riunificazione, che gli americani accettarono soltanto quando Hanoi cominciò a consegnare resti umani spesso non meglio identificati, che in alcuni casi risultarono essere di animali. Il motivo per il quale i 55 scatoloni che i militari Usa hanno amorevolmente portato in braccio per caricarli su un C 17 della US Air Force atterrato nella base di Wosan saranno portati nei laboratori della Marina alle Hawaii per essere studiati e confermati.
Non è neppure la prima volta che il regime del Nord consegna e poi ferma il ritorno dei caduti, un’operazione che già il padre del paffuto dittatore di oggi annunciò, in cambio di cibo per i suoi affamati sudditi per poi bloccarla nel 2005, sotto la presidenza di George W Bush. E neppure sono tutti, questi 55, perchè dei 35 mila americani caduti sotto i colpi dell’armata cinese o stroncati dal gelo, ancora 5.300 risultano dispersi, “MIA”, missing in action, secondo la terminologia ufficiale, in territorio oggi nordcoreano. Cifre, tra caduti, feriti, assiderati, inghiottiti nel nulla, che segnalano l’intensità feroce di uno scontro che in meno di tre anni distrusse armate come non si era più visto dalle battaglie della II Guerra Mondiale sul fronte orientale. Una sola divisione Usa perse metà dei propri effettivi nell’assalto dei cinesi scesi dalla valle del fiume Yalu. Oggi, in cambio di quei 55 resti umani, Kim sembra avere ottenuto più di quello che il nonno aveva ottenuto in tre anni di inutile strage e il padre era riuscito ad avere con le sue astuzie e finte. Con ben poca spesa – anche gli scatoloni bara sono stati pagati dagli americani – Kim sta calmando i suoi nervosi sponsor cinesi, che lo tengono in piedi ma ne temono le imprevedibili sortite bellicose e si è fatto riconoscere dagli Usa come interlocutore rispettabile dopo che Trump aveva minacciato “furia e fiamme” come il mondo non aveva mai visto, lo aveva deriso come il piccolo ‘Rocket Man” e oggi onora. Al prezzo modestissimo di qualche scatola di ossa, Kim è ora un “cittadino della comunità internazionale” senza avere allentato di un centimetro la condizione umana di una popolazione oppressa.
Quei 55 morti servono a Kim per restare vivo in cima al proprio regno dell’ombra. Permettono a Trump di vantare un successo diplomatico, fino al possibile trattatato di pace e alla rinuncia ai programmi nucleari, che nessuno dei suoi predecessori, da Truman, che nel 1952 dovette accettare l’armistizio, a Obama, aveva ottenuto. Kim è in una posizione di straordinaria forza, perchè da lui, dalla scelta di restituire qualche ossa di caduti nell’Inferno di Ghiaccio, come i reduci chiamano la guerra di Corea, di lanciare o no altri missili, esibire lo smantellamento di impianti sotto l’occhio dei satelliti, dipende la possibilità per la Casa Bianca di gloriarsi. Nessuno, neppure le organizzazioni dei caduti e dei dispersi, neppure il Pentagono, conosce l’identità di quei 55 racchiusi nelle scatole bara e negli anni ’50 non esistevano archivi e cataloghi di materiale genetico.
Solo una minuziosa e lunghissima ricerca fra i parenti dei dispersi potrebbe risalire alla loro identità, ma è assai più probabile che saranno sepolti nella “sacra terra” del cimitero di Arlington, come la Casa Bianca ha detto, sotto lapidi anonime, militi ignoti fra altri militi ignoti, uccisi in una guerra che portò il mondo a un passo dal conflitto nucleare con la Cina, voluto dal generalissimo MacArthur e fermato da Truman. Per ricominciare da dove la Corea era partita, nel 1950, nell’eterno e insensato gioco dell’oca delle guerre.