Libero, 28 luglio 2018
Hanno scippato Schwazer. «Manipolate le sue urine»
La storia di Alex Schwazer, ex marciatore che iniziò come fenomeno, inciampò in un mare di melma, se ne tirò fuori e poi ricadde nella stessa, la conosciamo tutti. La riassumeremo con l’agghiacciante gioco di parole «il marciatore-marcio». Il marciatore-marcio due anni e mezzo fa tornò in strada forte della «2ª occasione» che si concede a tutti, persino agli assassini, e quindi figuriamoci se non poteva pretenderla lui, che al limite con l’Epo stava ammazzando se stesso. Si affidò al tecnico anti-doping per eccellenza, il prof Sandro Donati, uno talmente «puro» da stare sui maroni proprio ai grandi capi dell’atletica Mondiale (ma queste sono cose non provate, per carità). All’epoca (era il 2016) Schwazer si qualificò per i Giochi di Rio con una prestazione mostruosa nella 50km di Roma, la cosa fece piacere a molti, ma non a tutti. Un sacco di osservatori esterni – anche tra i suoi colleghi – storsero il naso: non volevano l’ex dopato tra loro, un po’ perché «non ci fidiamo», un po’ perché «hai sbagliato e quindi arrangiati». Fatto sta che nei mesi precedenti le Olimpiadi, il marciatore-marcio venne controllato dall’antidoping con una periodicità simile a quella che tocca alle cavie da laboratorio. Legittimo, del resto aveva provato a fottere il sistema. A un passo dai Giochi saltò fuori che un test del 1 gennaio 2016 risultato negativo, non era veramente negativo, ma anzi positivo. Schwazer fu sospeso, partì ugualmente per Rio, si sottopose al giudizio del Tas e a una manciata di ore dalla «sua» gara (che forse avrebbe vinto) gli dissero: «Sei un dopato recidivo, ti prendi 8 anni di squalifica». Tutta questa faccenda puzzò da subito di bruciato: Donati si incazzò come una iena, di Schwazer rimase una foto con lui che si allena da solo per le strade di Rio, pochissimi colleghi si schierarono dalla sua parte, tantomeno fecero qualcosa i capi dello sport azzurro. L’Olimpiade terminò, tutti quanti (o quasi, complimenti al collega Nando Sanvito per la perseveranza) si dimenticarono del marciatore-marcio e buonanotte ai marciatori. Nel frattempo, però, Schwazer, Donati e tutti coloro che avevano seguito da vicino il tentativo di redenzione dell’altoatesino, portarono avanti un disperato tentativo di fare chiarezza attorno alla «provetta sospetta». E siamo ai giorni nostri. A quanto pare quella provetta è stata davvero manomessa, a settembre ne sapremo di più, ma sembra provato che la concentrazione di dna di Schwazer nei due campioni incriminati è tale per cui «per forza di cose» qualcuno deve essere intervenuto artificialmente per compromettere il campione. Così l’avvocato di Alex: «Siamo convinti che ci siano state contraffazioni del dna, i nostri periti stanno ottenendo risultati in quella direzione. Certezze ne avremo a metà settembre quando gli uomini del colonnello Lago avranno ultimato i test. Ma è sempre più evidente che chi si è messo all’opera per alterare le urine di Alex è un professionista. Stavolta però potrebbe aver fatto un errore». Si vedrà. Nel frattempo, come sempre, si è messa in moto la macchina dei «saltatori sul carro», quelli che 2 anni fa non sprecarono neppure una parola per dare una mano al marciatore-marcio e, ora, chiedono giustizia. Ecco, quelli non sono marciatori, ma quanto a «marcio» non scherzano affatto.