La Stampa, 27 luglio 2018
Pirandello e l’errore da evitare
L’esperienza del governo giallo-verde è stata finora caratterizzata da moltissime dichiarazioni, qualche atto largamente dimostrativo – come il divieto di attracco a navi cariche di migranti – e pochi provvedimenti approvati ma non ancora esecutivi e ampiamente migliorabili.Soprattutto parole, insomma; ma il limite tra le parole e i fatti è stato superato almeno due volte in meno di ventiquattr’ore dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli.
Toninelli ha «licenziato» i vertici delle Ferrovie dello Stato mediante un comunicato su Facebook. Ha poi chiesto, poche ore più tardi, di revocare il contratto con Alitalia e Etihad per l’affitto dell’aereo di Stato, voluto da Matteo Renzi, con un risparmio stimabile in qualche decina di milioni all’anno (ma bisognerà pur calcolare il costo degli spostamenti dei ministri e del presidente del Consiglio per motivi di Stato, il che ridurrà il vantaggio).
Sembra esserci una terza decisione in «cottura»: si tratterebbe di «migliorare» la Tav, la linea ferroviaria veloce che passa per la Val di Susa. Il «miglioramento» consisterebbe nell’alt a ogni firma italiana sui documenti indispensabili per la prosecuzione dei lavori.Sulla necessità o meno della Tav si è discusso moltissimo e non è qui il caso di aggiungere altra acqua al fiume delle polemiche. Le opinioni dei no-Tav vanno rispettate e vagliate con attenzione, ma, a lavori ormai pienamente in corso, due considerazioni sono necessarie.La prima è che l’abbandono del progetto, più o meno mascherato, sarebbe sicuramente un’operazione in durissima perdita. Finora l’Italia ha speso quasi un miliardo di euro che risulterebbero del tutto buttati dalla finestra; a questa cifra si dovrebbero sommare multe europee inserite negli accordi sottoscritti e penali inserite nei contratti conclusi con le imprese impegnate nel progetto. A tali perdite dirette si devono aggiungere quelle indirette, più difficili da calcolare: ci sarà ancora qualcuno in Europa a voler concludere accordi con un Paese che si rimangia di fatto non solo le parole dette, ma anche le firme su documenti internazionali? La seconda considerazione riguarda più direttamente Torino, il Piemonte e l’Italia Settentrionale. Sembra che il ministro Toninelli voglia destinare ai trasporti locali, e soprattutto a quelli per i pendolari, i soldi ora assegnati alla Tav; i problemi dei pendolari sono stati fin troppo trascurati, ma senza Tav c’è il rischio che, nel giro di qualche anno, il numero dei pendolari in Piemonte e nell’area torinese cali fortemente.
Occorre constatare che se tutto il resto d’Europa si dota di una rete di trasporti ferroviari veloci, restarne fuori porta è una gravissima perdita: ci stiamo comportando come il comune siciliano, al centro di una novella di Pirandello, che rifiutò di allacciarsi alla rete elettrica perché giudicata troppo pericolosa.
Che il percorso di Torino e del Piemonte verso un futuro economicamente positivo sia difficile e fragile lo ha messo in luce la triste notizia della scomparsa di Sergio Marchionne. Non basta dire dei «no» alla Tav, bisogna indicare, in maniera concreta, che cosa di equivalente si propone al posto della Tav; si è invece costretti a registrare, sempre nel corso di questo mese, il non appoggio di fatto da parte del governo e delle altre autorità centrali della candidatura di Torino a sede delle Olimpiadi Invernali, un’iniziativa importante, anche se certo non sostitutiva della Tav.Non si liquidano questi problemi a colpi di Twitter e di Facebook alla vigilia delle ferie; la politica non è fatta solo di teatralità, ma di ascolto, comprensione e mediazione. Il ministro Toninelli dovrebbe tenerlo a mente.