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 2018  luglio 27 Venerdì calendario

I russi pazzi per i fusi: i treni dello zar Putin perdono l’ora di Mosca

È dai tempi dello Zar che la Russia «litiga» con i fusi orari e con l’ora legale. E in un Paese nel quale le zone con orario differente sono ben undici, questo è un problema assai serio.
L’ultimo episodio riguarda le ferrovie che hanno deciso di abbandonare dal primo agosto l’ora di Mosca sui biglietti e di indicare in ogni stazione il tempo reale per partenze e arrivi. Quello che succede in tutti gli altri Paesi europei: se un treno a Milano viene dato in partenza alle 7 del mattino, è ovvio che quello è l’orario locale, non quello, poniamo, di Greenwich (adottato in tutto il mondo come ora zero).
Invece in Russia oggi non è così. Un convoglio che lascia Vladivostok, sul Pacifico, alle sette della sera, viene indicato come partente alle 12. Per evitare che i viaggiatori pensino di aver già perso da ore il treno, sui tabelloni viene indicata anche l’ora locale.
Tutto bene, dunque, dal mese prossimo? Non proprio: per mantenere l’uniformità «operativa», i macchinisti e le centrali delle stazioni continueranno a usare l’ora di Mosca. Ai controllori sarà data disposizione di modificare l’orario sui display nei vagoni a ogni passaggio di fuso orario, ma di non toccare invece i loro orologi personali necessari per coordinarsi con la centrale ferroviaria. Si teme una qualche confusione.
D’altra parte, ancora oggi molti russi non hanno capito che cosa succede con ora estiva e ora invernale. Per non parlare degli undici fusi che dividono Kaliningrad, al confine con la Polonia, dalla Chukotka, che sta davanti all’Alaska.
Ora il Paese è permanentemente sull’orario invernale. In primavera non sposta avanti le lancette di un’ora come facciamo noi. Nel 2011, invece, provò a fare il contrario: orario estivo tutto l’anno. Ma fu un mezzo disastro, visto che d’inverno nella capitale, dove ci sono circa sette ore di luce, era buio fino a metà mattina. E non parliamo delle città a Nord, come Vorkutà, dove in inverno di luce ce n’è già pochissima naturalmente.
D’altra parte, i più vecchi erano abituati a una simile situazione perché già nel 1930 il governo sovietico aveva deciso di lasciare tutta l’Urss sull’orario estivo. Nel 1981 si tornò indietro, ma facendo confusione, per cui per dieci anni l’Unione Sovietica si stabilizzò su un’ora prima di quella naturale (in base alla longitudine) d’inverno e su due ore d’estate.
Quando Putin era primo ministro il suo sodale Medvedev, che era presidente, decise di ridurre il numero totale dei fusi orari. Qualcuno aveva proposto addirittura di mettere il Paese su un unico fuso, un po’ come succedeva prima della rivoluzione, quando l’ora ufficiale era quella della capitale San Pietroburgo e nelle varie città si calcolava quella «geografica locale».
Con un unico fuso, in base a quella proposta che tendeva a razionalizzare la situazione e a rendere migliori le comunicazioni fra Mosca e il resto del Paese, a Novosibirsk o a Magadan avrebbero dovuto dormire di giorno e lavorare di notte per tenere lo stesso ritmo della Russia Europea. In Parlamento pensarono di ridurre i fusi da undici a quattro. Poi alla fine si optò per nove zone invece delle undici esistenti. Alcune regioni, come il Tatarstan, si trovarono del tutto sballate: a Kazan le lancette dovettero essere spostate di tre ore.
Nel 2014, tornato alla presidenza, Putin rimise le cose in ordine. A ciascuno venne restituito il suo fuso orario.
Follie? I russi non sono i soli a voler giocare con il sole e con la Terra, pensando di rendere le cose migliori. Due seri professori della Johns Hopkins University di Baltimora, Hanke e Henry, hanno proposto tempo fa di abolire addirittura tutti i fusi orari del globo e di sostituirli con un’unica «ora universale».