La Stampa, 26 luglio 2018
Valerio Adami pittore per immagini. «Non ricordo un giorno senza un disegno»
«La prima volta fu nell’estate di due anni fa a Meina, nella sua casa sul Lago Maggiore: ho fatto alcuni scatti mentre realizzava una serie di acquerelli. Una sequenza dalla luce ambrata, rara, perché Valerio Adami lavorava in piedi, mentre di solito quando dipinge sta seduto». Renato Grignaschi, 74 anni, fotografo di Arona, nella sua carriera trentennale ha lavorato con le testate di moda più prestigiose in Europa e negli Usa, fotografando top model come Claudia Schiffer e Carol Alt, ritraendo Rudolf Nureyev e Giorgio Strehler. Raccontare per immagini la vita e l’arte di Valerio Adami è il suo ultimo progetto. Adami ha 83 anni e di sé dice semplicemente «sono un pittore figurativo». Originario di Bologna, l’infanzia a Milano, nel 1951 incontra quello che definisce il suo maestro, Oscar Kokoschka, e completa gli studi con Achille Funi all’Accademia di Brera.
Il progetto a due
«Conoscevo Adami di vista da quando avevo vent’anni», racconta il fotografo. «Mi colpì per i suoi modi da gran signore. Da qui l’idea di fotografarlo: era nel suo studio, pieno di cose. Non era in soggezione davanti alla macchina fotografica e ho capito che sarebbe venuto fuori qualcosa di buono». Oggi le foto sono diventate 5 mila: «È un lungo racconto fotografico non tanto dell’artista, ma del personaggio Adami, dell’uomo che ama passeggiare per Montmartre, avvolto nel suo mantello appoggiandosi per vezzo al bastone, con un incedere lento».
Li ritroviamo insieme, in uno dei loro incontri settimanali, nella casa di Meina dove Adami e sua moglie Camilla trascorrono le estati, tra i verde delle colline e il blu del lago. Adami - le cui opere si trovano nelle collezioni del Musée d’Art Moderne e al Pompidou di Parigi, al Museo d’Arte moderna di Roma, a Palazzo Reale di Milano, al Museum of Modern Art di Pittsburgh, alla McCrory Corporation di New York - spiega: «Il blu è il mio colore preferito. È con una matita blu di Prussia che disegno sulla tela». Una consuetudine quotidiana: «Non ricordo giorno della mia vita che non abbia preso foglio e matita per disegnare: su un treno, in aereo, in hotel. È un gesto che serve a riempire i vuoti di una giornata. Ma anche un esercizio di ricerca nell’inconscio di qualcosa di antico che arriva dall’infanzia o di avveniristico che il disegno di aiuta a definire. Come la parola, è la lingua che mi appartiene. Tutto il resto segue».
Guardano insieme gli ultimi disegni che Adami ha realizzato e Grignaschi ha fotografato. Molti sono ritratti di personaggi noti, con alcuni dei quali il pittore ha condiviso un’amicizia. Ad esempio Gandhi: «Ci ha legati un affetto reciproco» ricorda Adami. «L’ho conosciuto nei miei viaggi in India, quando era una terra lontana: credo di aver aiutato gli altri a scoprirla». I suoi ritratti, commenta Grignaschi, sono come una galleria di memorie. «È vero», risponde Adami: «Alcuni li disegno a partire da una foto a cui unisco i ricordi, altre da immagini impresse nella mia mente». Come quella di Luchino Visconti, una chioma esuberante e occhi intensi: «Voleva girare un film a Villa Cantoni ad Arona, residenza della famiglia di mia moglie Camilla dove abbiamo vissuto per anni. Stette da noi alcuni giorni, poi il suo progetto si rivelò troppo complicato».
In viaggio a Parigi
Renato Grignaschi lo ha seguito fino a Parigi, dove ha un’altra casa con uno studio: «Mi ha sorpreso come i giovani pittori, quando passeggia all’ombra del Sacre Coeur, gli si avvicinino con deferenza, mentre le donne lo salutano affascinate dalla sua eleganza. Alla sensibilità estetica, si è aggiunta così la curiosità del reporter che va a caccia di qualcosa di unico». Adami: «Tutto nasce da un rapporto di amicizia e questo fa sì che quasi non mi accorga quando Renato scatta».
Gli scatti diventeranno un libro. «Ma nulla a che vedere con la celebrazione o l’autocelebrazione», chiosa il pittore. Grignaschi: «Cerco di intervenire il meno possibile. Valerio è di una fotogenia rara: c’è sempre un racconto dietro la sua immagine». Adami: «È possibile, ma non sta a me dirlo. È così difficile guardarsi allo specchio. In una foto invece scopri dettagli che di solito non scorgi». Forse è anche la stagione della vita a consentirlo. E i ricordi che la vita porta con sé. Uno come Adami, che ha frequentato Jacques Derrida e Oskar Kokoschka, Carlos Fuentes ed Emilio Tadini, Jules Maeght e Italo Calvino, conosce e conserva il valore dell’amicizia: «La mia nei loro confronti è una memoria fedele. Dove non arriverà, ci sarà la fotografia».