il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2018
Hong Kong censura Murakami
“Indecente”. Per giudicare il nuovo libro di Haruki Murakami, Killing Commendatore, la censura di Hong Kong non usa mezzi termini e non ricorre a parafrasi per addolcirne la forma, bollandolo come “un testo inadeguato e rivolto esclusivamente a un pubblico adulto”.
Accade così che Haruki Murakami, l’autore nipponico più celebrato e letto al mondo e candidato diverse volte al Nobel, cada in disgrazia in Cina e la sua ultima fatica venga rimossa dalla fiera del libro di Hong Kong. La sentenza è stata emanata la scorsa settimana dal tribunale degli Articoli Osceni di Hong Kong e Killing Commendatore viene messo all’indice. Ciò in parole povere significa che l’ultimo libro dell’autore di 1Q84, può essere venduto solo nelle librerie con la copertina oscurata da un palese avvertimento sul suo contenuto. Un libro vietato agli under 18 nel 2018. Stupore a parte è lecito chiedersi di cosa parli Killing Commendatore. Il suo editore inglese, Harvill Secker (il libro è in uscita per Vintage Publishing il 9 ottobre), lo ha definito al Guardian come “un tour de force epico di amore e solitudine, guerra e arte – oltre che un omaggio pieno di amore al Grande Gatsby – uno straordinario lavoro di immaginazione da uno dei nostri più grandi scrittori”. Insomma, siamo ben lontani dalla pornografia.
La Cina sfida Murakami, considerato una vera e propria star della letteratura tanto che in patria, lo scorso anno le librerie hanno aperto i battenti a mezzanotte per celebrare il nuovo libro, con lunghe file di clienti in attesa. E proprio dal Sol Levante raccogliamo il commento della scrittrice Laura Imai Messina, ricercatrice e docente universitaria a Tokyo (autrice del blog Giappone Mon Amour): “Al di là del valore letterario di Murakami, la sessualità in Giappone è decisamente più libera. Non vi è la cappa puritana e moralista di una religione monoteista come il cristianesimo. Qui la sensualità è parte del quotidiano, non solo dentro i manga e i porno shop sono frequentati alla luce del giorno in zone come Akihabara. E anche le riviste che mostrano giovani donne in abiti succinti in copertina, sono lette dai serissimi salaryman, su treni iper-affollati. Insomma, qui la sensualità non fa proprio scalpore”. Tornando in casa nostra, Nicola Lagioia – direttore de Il Salone Internazionale del Libro di Torino – commenta: “Conoscendo la prosa di Murakami, non siamo certo al cospetto di De Sade, Bukowski o Henry Miller. È paradossale che accada qualcosa del genere nel 2018 eppure alla Friends’ CentralSchool di Filadelfia è stato censurato Mark Twain per aver usato la parola nigger e Lolita desta scalpore. Il punto è che la letteratura ha un grado di complessità talmente elevato che quasi mai le scene di sesso o violenza sono gratuite. Ma prima di sentirci superiori rammentiamo quando in Italia fu Aldo Busi a finire sotto processo”.
Condivide e rilancia fra stupore e sconcerto, lo scrittore romano Paolo Di Paolo: “Francamente speravo si potesse archiviare la censura sui romanzi nel 2018. Censurare un’opera d’arte è pernicioso e ancor più ambiguo, poiché ciò che scandalizza è decisamente soggettivo. Addirittura, coprire la copertina dei libri di Murakami sfiora il ridicolo, ma decidere di bollare un autore con questa violenza ci ricorda che il censore è sempre all’erta e non possiamo mai abbassare la guardia”.
In conclusione, sperando di poter leggere presto Killing Commendatore, sorge un dubbio: nel 2014 i media giapponesi riportano che proprio Haruki Murakami mandò un messaggio di solidarietà ai leader della rivolta degli ombrelli che mise sottosopra Hong Kong. E se la censura emanata contro il suo libro fosse solo e soltanto una ripicca, uno squallido gioco di potere?