Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  luglio 25 Mercoledì calendario

Ecco la tecnologia che salva l’arte

L’eccellenza dell’eccellenza. Il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro dei Musei Vaticani è il luogo dove si può dare nuova luce alla” Deposizione” di Caravaggio o dove si può” vedere” un dipinto nella sua evoluzione lungo il corso dei secoli, se è stato ritoccato, se la luce ha sbiadito i colori, quanta polvere vi si è posata scurendolo. È il laboratorio di ricerca scientifica della Santa Sede, è il luogo dove l’alleanza tra l’artista e la scienza è più forte: è qui che rinascono le opere degradate dal tempo, è qui che si conservano e si restaurano molti dei beni di proprietà del Vaticano. «Questo laboratorio è stato fondato nel 1935», spiega il dirigente Ulderico Santamaria, «già allora si mise l’accento sul fatto che non si può conservare se non si conosce prima l’oggetto artistico, la sua materia. Infatti ogni volta che un’opera arriva in Laboratorio, viene messa a punto una campagna di ricerca scientifica. Nulla è lasciato al caso. Lo staff lavora per avere il risultato migliore, con tecnologie all’avanguardia».
I Musei Vaticani si occupano di tutto ciò che è di proprietà della Santa Sede, il Laboratorio gestisce la conservazione e segue il restauro di tutte le sue opere. Hanno rapporti con i maggiori musei ed istituzioni del mondo. Nel Laboratorio non si fa solo la diagnosi, ma si prescrive anche la terapia più opportuna per l’opera malata. Qui si creano anche nuove sostanze per il restauro e strumenti tecnologici avanzati per definire nuove tecniche o per eseguire tutte le fasi diagnostiche. Per questo Fabio Morresi, che gestisce il Laboratorio insieme a Ulderico Santamaria, ha sviluppato un robot utilizzato per le analisi per immagini. Il sistema sfrutta una piattaforma hardware, dotata di microcontrollore, molto diffusa e open source: Arduino. «Il robot A.D.A.MO., questo il nome che ho dato al robot, acronimo di Arduino Digital Arm Mobile», spiega Morresi, «lavora con la tecnica dello stitching e calcola il numero delle inquadrature necessarie a ricoprire l’intera superficie dell’opera, definisce le coordinate in cui posizionare la testa di misura per eseguirle e gestisce tutta la procedura di acquisizione delle informazioni». La tecnica rivoluzionaria di questo robot è la testa di misura: è modulare e vi si possono montare vari sistemi di visione: il vicino ultravioletto, il visibile, il vicino infrarosso ma anche fino all’infrarosso termico. «In pratica la testa è munita di una serie di filtri, montati su una slitta motorizzata e comandata dall’operatore – continua Morresi – che permettono di selezionare il campo spettrale da visionare. Ci sono anche dei sensori che controllano la macchina e garantiscono una perfetta visione. La testa di visione è montata su un’ulteriore slitta che tramite un motore ad alta risoluzione può seguire le normali variazioni e curvature delle opere. Con questo sistema si è raggiunta la risoluzione di 1 mm per pixel e anche meno». Il robot può eseguire anche l’identificazione chimica dei pigmenti.Anche il primo laser a fibra è sperimentato in questo Laboratorio. «Questo laser elimina anche la necessità di mettere sostanze chimiche sulle opere per pulirle», continua Santamaria. «Il laser è dotato di una fibra ottica che emette una serie di micro impulsi non pericolosi per l’uomo ma utili per rimuovere la patina del tempo. Funziona con delle microesplosioni continue. Si può arrivare anche all’interno di cavità». Inoltre questo laser, che elimina il biofilm, può essere usato sulla pietra e su tutti gli altri materiali, inclusi i metalli, ed in modo quasi chirurgico inibisce l’attività cellulare e quindi arresta il processo di degrado. Si adatta alla scansione portando via la patina. «Con questo laser i restauratori stanno riportando allo splendore le armature di metallo conservate nei Musei Vaticani che prima erano ricoperte da profondi strati di ossidazione quasi impossibili da rimuovere meccanicamente», sottolinea Santamaria. «Si tratta di un laser ottimo anche per eliminare i graffiti. Prima era difficile rimuoverli senza fare danni». Se si parla di restauro, non si può non ricordare quello della Cappella Sistina. È stata allora una delle prime applicazioni sistematiche del microscopio a scansione elettronica. Un sistema di visione con una potenza di ingrandimento tale da far vedere i minuti cristalli dei lapislazzuli del Giudizio Universale. In una stanza del Laboratorio c’è un archivio pieno di cassettini che conservano i prelievi eseguiti sulle pitture di Michelangelo. Sono tutti archiviati, qualunque studioso può venire qui ad analizzarli. «Ogni volta che studiamo un’opera facciamo dei microprelievi, abbiamo sempre delle tracce e le archiviamo», conclude Santamaria. «Lo facciamo perché le strumentazioni cambiano e aumentano in sensibilità. In qualche modo siamo la polizia scientifica dei Beni Culturali. Archiviamo i reperti per poterli riguardare e per lasciare una testimonianza a quelli che vengono dopo di noi. Ecco perché nei vecchi setacci conserviamo ancora la polvere di marmo utilizzata nel restauro della” Pietà” di Michelangelo dopo l’attacco del 1972». In questo Laboratorio – allora diretto dal dottor Gabrielli – fu studiata e messa a punto la miscela più adatta per ricostruire la statua. Ora non ce ne sarebbe più bisogno. Oggi lavorano in tempo reale con stampanti in 3D. Possono riprodurre un pezzo mancante con precisione assoluta, senza calchi di gesso. Ma in ricordo dei restauri artigianali di un tempo, in una teca c’è il calco della mano rotta dal martello del folle che colpì la” Pietà”. Accanto c’è il calco di gomma, con il volto della Madonna, il naso rotto, l’occhio, il mento: ricostruzione terribile e meravigliosa.