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 2018  luglio 25 Mercoledì calendario

Tom Cruise e Mission Impossible: «Tra me e Ethan il vero pazzo sono io»

«Per Tom Cruise più che l’ingaggio è costata la polizza assicurativa!», esclama il regista di “Mission: Impossible. Fallout” Christopher McQuarrie. E non sta scherzando: è proprio così. Il sorriso forse è di sollievo: Cruise, in fondo, se l’è cavata appena con una caviglia fratturata. Il fatto è che nell’era di Cirque du Soleil e Jackass, agli stunt più pazzeschi s’è fatta l’abitudine. Ma non con lui.
Cinquantasei anni appena compiuti, Cruise è uno che continua a giocare sul serio, senza tirarsi indietro mai: vola ad altezze vertiginose, s’arrampica, si lancia. E meno effetti e "avatar" digitali ci sono meglio è. Continua McQuarrie: «Tom è al comando di questo franchise, è lui a dettare legge: se dice che vuol fare una cosa non c’è verso, dobbiamo obbedirgli. Io me la sono fatta addosso per tutto il tempo delle riprese. L’ultimo giorno sul set di questo film è stato il più bello della mia vita: era l’ultimo!».
E così l’eterno ragazzo sfida il Jackie Chan dei tempi d’oro a chi alza di più l’asticella. In Fallout — sesto film della premiata serie sull’agente segreto speciale Ethan Hunt — vediamo Cruise in cima al comignolo della Tate Modern, con tutta Londra ai suoi piedi. Quindi paracadutarsi sul tetto di vetro del Grand Palais di Parigi e fare cose con un elicottero mai viste prima al cinema (la missione stavolta è mettere al sicuro tre nuclei di plutonio prima che il cattivo di turno e un’organizzazione terroristica colpiscano il Vaticano, Gerusalemme e La Mecca). Azione, inseguimenti e location sono orchestrati magistralmente.
Abbiamo incontrato Cruise a Las Vegas quando ha presentato il film agli esercenti, sempre un po’ diffidenti per via della relazione dell’attore con Scientology. Ma lui, Tom, è una macchina da pubbliche relazioni sempre in forma smagliante: del resto si prepara per ogni film con l’impegno di un atleta alle Olimpiadi. Il personaggio di Ethan Hunt, dice, non smette mai di essere interessante per lui: «Da piccolo adoravo la serie tv (Mission: Impossible è nata in televisione nel 1966 prima di diventare saga cinematografica trent’anni dopo, ndr). Quando poi sono stato chiamato io a interpretarla il sogno si è avverato», dice. «Vorrei poter continuare tutta la vita. Mission dimostra che possono esserci dialoghi intelligenti e dinamiche narrative interessanti anche nel mezzo della suspense e del marasma dell’azione. Sono film che fanno comprendere le complessità dell’intricato universo dello spionaggio. Per Hunt lo spirito prevale sui gadget. Per questo mi è simpatico».
E poi c’è la componente adrenalinica. «Hunt non è un tossico, ma lo abbiamo visto appeso con una sola mano al grattacielo più altro del mondo o legato alla carlinga di un jet, ora si lancia dagli elicotteri. Ma io riesco a essere più adrenalinico di lui. Una sequenza è già diventata famosa: ho studiato a lungo le sequenze con gli elicotteri nei film. Mi sono fatto le ossa con Top Gun ed essendo io stesso pilota di aerei ed elicotteri, e facendo pure acrobazie, ci tenevo a fare qualcosa di molto rischioso e mai visto prima. Ne ho parlato con il regista e l’ho visto sbiancare». Ride. Ma perché? chiediamo. «Perché gli elicotteri hanno dei limiti. Ad esempio non puoi andare in stallo, quindi devi inventarti cose estreme, toccare l’acqua, sfiorare la cinepresa con le pale rotanti, accarezzare muri. Devo continuare?».
In un’altra scena del film Cruise si è lanciato da un aereo che volava a oltre 300 miglia all’ora da un’altezza di 10 mila metri, dovendo manovrare il paracadute fino ad arrivare all’esatta distanza di un metro dalla cinepresa: altrimenti il suo volo sarebbe risultato fuori focus. Per prepararsi, si è lanciato da un aereo militare C-17 ben 106 volte, riuscendo, nemmeno a dirlo, a ottenere l’effetto desiderato.
Routine nella vita di Tom Cruise: «Mission: Impossible è un giocattolo irresistibile», confessa. «Allo stesso momento torno bambino, viaggio ovunque nel mondo, vedo posti incredibili, soddisfo la curiosità. E soprattutto mi muovo: sono uno che non riesce proprio a stare fermo. Devo fare cose, devo correre. Devo divertirmi su un set quando lavoro. Altrimenti divento isterico, irritabile, insopportabile. Devo fare sempre qualcosa che mi permetta di andare a 200 all’ora. La velocità è la mia droga. In verità, sono io a costringere Ethan a fare quelle cose pazzesche!».