la Repubblica, 25 luglio 2018
Dal cricket alle urne, in Pakistan l’ex campione Khan tenta il colpo finale
«È il mio capitano da sempre. Sono pazzo per Imran», dice con il sorriso il 29enne Shahid, canticchiando una delle canzoni slogan scritte per la campagna elettorale dell’ex campione di cricket Imran Khan, che oggi potrebbe cambiare le sorti del Pakistan vincendo le elezioni e rompendo una lunga tradizione che ha visto al potere i membri delle dinastie Bhutto e Sharif alternarsi a dittature militari sin dalla nascita del Paese nel 1947.«Questa volta vinceremo noi». Non è il solo a pensarlo nel Paese che conta oltre 207 milioni di abitanti e dove oggi gli elettori registrati che potranno votare entro le 18 sono più di 100 milioni. I risultati degli ultimi sondaggi per le elezioni rivelano infatti una preferenza per il Movimento per la Giustizia del Pakistan (Pti), che potrebbe aggiudicarsi la vittoria.
Nel 1996, quattro anni dopo aver portato il Pakistan alla sua unica vittoria nei mondiali di cricket, il capitano della squadra dello sport più amato dai cittadini ha fondato il suo partito basando la sua agenda politica principalmente sul combattere la corruzione nel Paese. All’inizio è partito a rilento, non aveva alcuna esperienza in politica, la popolarità come giocatore di cricket non bastava.
Oggi sono cambiate molto cose. Il 65enne Khan ha modificato la sua strategia e potrebbe davvero diventare il nuovo primo ministro. Le precedenti elezioni hanno visto il Pti diventare la terza forza politica del Paese, ma l’intensa campagna populista che ha condotto questa volta e l’arresto con l’accusa di corruzione dell’ex primo ministro Nawaz Sharif, leader del partito attualmente al governo, la Lega Musulmana del Pakistan, hanno aumentato esponenzialmente le probabilità di una sua vittoria. «Khan si preoccupa principalmente dei problemi delle classi sociali benestanti del Paese, non dei poveri», dice Hashim, un giovane artista che vive a Lahore. «Pensa all’ambiente, all’istruzione scolastica e cose così, ma i poveri hanno fame, hanno bisogno di lavorare, non mandano i figli a scuola perché hanno bisogno che guadagnino pure loro e sicuramente non pensano a ridurre l’inquinamento. Non c’è acqua potabile in gran parte della città e molti vivono ancora sotto la soglia di povertà. Che favore ci fa piantando un miliardo di alberi?» Nella zona di Lahore dove l’acqua è particolarmente inquinata Khan ha parlato di un’economia di sviluppo che ripulirà anche le falde acquifere. Nelle zone più conservatrici ha promesso che non permetterà più agli Usa di violare la sovranità della nazione e che non farà da «pedina nella guerra al terrore».Quello che preoccupa molti analisti è la vicinanza di Khan ad alcuni gruppi militanti e partiti estremisti come il Tehreeke- Labbaik Pakistan, nato come reazione alla condanna a morte di Mumtaz Qadri, la guardia delcorpo del governatore del Punjab Salman Taseer, da lui ucciso nel 2011 per aver accennato a voler modificare la legge sulla blasfemia. C’è la possibilità che se non dovesse ottenere la maggioranza ( 137 membri del partito eletti), Khan possa scegliere di formare una coalizione con questo e altri piccoli partiti di stampo radicale. Soprannonimato “Taliban Khan”, l’ex capitano della nazionale di cricket un tempo noto per aver studiato ad Oxford ed esser stato un playboy, è ormai un gran difensore dell’Islam conservatore.
«È passato dalla donna con il cappello a quella con il velo e adesso quella con il burqa!» sostiene Sehr, una giovane di Lahore che voterà per Khan e il Pti. A febbraio Khan si è sposato per la terza volta, e questa volta con la sua guida spirituale, una donna il cui volto sostiene di aver visto per la prima volta dopo le nozze.
Nonostante la sua battaglia conto il «vecchio potere» e le sue promesse di un «nuovo Pakistan», alla fine Khan ha stretto alleanze con diversi ex membri dei suoi due partiti rivali principali, compreso il Ppp della dinastia Bhutto. Khan sembra avere anche il sostegno dell’esercito, che per la prima volta nella storia presiderà i seggi con 371 mila soldati che serviranno ufficialmente a garantire delle elezioni sicure e senza imbrogli, ma secondo molti hanno il solo scopo di intimidire chi non intende votare per lui. Anche la Commissione pakistana per i diritti umani ha definito queste elezioni le «più sporche di sempre».