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 2018  luglio 22 Domenica calendario

La grande sfida di John Elkann senza Marchionne

Si era cercato di definire tutto nei minimi dettagli: successione, tempi di uscita e sfide industriali. Per non restare spiazzati, per gestire al meglio un passaggio di consegne fondamentale dopo un’epoca segnata da un uomo solo al comando, Sergio Marchionne. Ma come spesso accade nella storia della dinastia Agnelli, gli eventi tendono a stravolgere i programmi.Oggi, così come quattordici anni fa, quando Marchionne fu nominato amministratore delegato di Fiat a pochi giorni dalla morte di Umberto Agnelli, o come quando la prematura scomparsa di Giovannino Agnelli portò a indicare nel giovanissimo John Elkann il nuovo erede, la famiglia si è ritrovata a gestire un’emergenza e a dover colmare con estrema rapidità un vuoto enorme. Perché è vero che Marchionne doveva uscire da Fca. Ma è altrettanto vero che il supermanager avrebbe continuato a occupare ruoli di spicco nell’universo della dinastia torinese, partendo dalla guida di Ferrari fino all’incarico di consulente degli Agnelli nel board di Exor. «Per tanti Sergio è stato un leader illuminato – ha scritto John Elkann –, un punto di riferimento ineguagliabile. Per me è stato una persona con cui confrontarsi e di cui fidarsi, un mentore e soprattutto un amico».

La sfida difficile di ElkannLa successione in Fca era scritta, certo, ma l’uscita del ceo appariva più formale che sostanziale. Ecco perché le scelte fatte con la nomina di Mike Manley in Fca, di Suzanne Heywood alla presidenza di Cnh e l’arrivo di Louis Carey Camilleri in Ferrari per gestire questo momento di incertezza sembrano rispondere più alla necessità di dover arginare, in tempi strettissimi, il precipitare degli eventi. Scegliendo figure capaci di garantire «alle aziende la massima continuità possibile» e di «preservare la cultura» introdotta da Marchionne. Ci sarà modo, con il tempo, di fare qualche aggiustamento se si renderà necessario. Ora la priorità era dare una risposta certa al mercato perché possa affrontare «una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia», come ha sottolineato Elkann. E proprio il presidente Fca è chiamato in questo momento a rivestire il ruolo chiave di trait d’union tra passato e futuro. Perché è stato l’uomo più vicino a Marchionne e perché, come ha ricordato lui stesso «negli ultimi 14 anni, abbiamo vissuto insieme successi e difficoltà, crisi interne ed esterne, ma anche momenti unici e irripetibili, sia dal punto di vista personale che professionale».Chi gli è vicino assicura che sia «molto focalizzato, che sia pronto» a diventare il nuovo perno della galassia. Lo era già per la famiglia, lo dovrà essere anche per il mercato, almeno fino a quando il nuovo assetto non riceverà l’avvallo di tutti gli stakeholder. John Elkann, in assenza di “libretti di istruzione”, giudicati inutili dal manager italo canadese che ha salvato la vecchia Fiat, ma con una rete di rapporti internazionali di altissimo livello che gli ha permesso di maturare una visione strategica di ampio respiro, si prepara a seguire ancor più da vicino Exor, Fca, Ferrari e Cnh. Con sfide molteplici e a più livelli. Ma con una forza finanziaria senza precedenti nella storia della dinastia sabauda, una forza che oggi vale in Borsa oltre 60 miliardi di capitalizzazione.Per Fca ci sono le urgenze da gestire nell’immediato: la presentazione dei dati trimestrali, in agenda mercoledì prossimo e primo banco di prova per il nuove ceo Manley. Subito dopo dovrà essere definito e predisposto in modo definitivo il piano di scorporo di Magneti Marelli, copione in parte già scritto. Più in generale, però, sulla scorta del business plan presentato a Balocco lo scorso giugno, bisognerà capire i progetti del giovane Elkann per il gruppo automobilistico. Dal palcoscenico del piano industriale, l’azionista aveva confermato insieme a Marchionne che la via del consolidamento è la strada maestra. Ieri come oggi. In che misura questo andrà a incidere sul ruolo della famiglia Agnelli come primo azionista di Fca è presto per dirlo. Certo è che l’improvvisa uscita di Marchionne potrebbe accelerare questo processo.Discorso diverso per Ferrari dove Marchionne, sulla carta, avrebbe dovuto mantenere la guida almeno fino al 2021 e il mercato guardava con estremo favore a questo scenario. Ora Elkann è chiamato a convincere tutti che il nuovo assetto non spegnerà il motore di tre macchine ben avviate, Fca, Ferrari, Cnh. La barra è dritta, la sfida è fare in modo che resti tale anche se alle spalle si è lasciato un manager unico e che «ha sempre fatto la differenza».