la Repubblica, 23 luglio 2018
Quanti fulmini d’estate: «Tutta colpa del Sole»
I fulmini partono dal Sole. Più è intensa l’attività della stella, più sulla Terra lampeggia. L’estate punteggiata di scariche elettriche (5 milioni quelle cadute sull’Italia da inizio mese) potrebbe essere legata a un’estate dal meteo instabile, ma anche a un periodo ancora frizzante dell’attività magnetica a 150 milioni di chilometri da noi. Ne è convinto un gruppo di climatologi dell’università di Tokyo e dell’Istituto Nazionale per la Ricerca Polare del Giappone, che pubblicano le loro conclusioni su Annales Geophysicae. Prima gli studiosi hanno alzato gli occhi al Sole, osservando il periodo di rotazione della stella sul proprio asse che è di circa 27 giorni. Poi si sono immersi in due biblioteche nei pressi di Tokyo, spulciando i diari di una famiglia di contadini e di un municipio tenuti a partire dal ‘700. Per oltre un secolo e mezzo su questi manoscritti sono stati diligentemente registrati eventi meteorologici, fioriture, gelate, valanghe, terremoti, danni causati dai lupi e, ovviamente, temporali corredati da fulmini. Dai registri della famiglia Ishikawa, dinastia di proprietari terrieri in quella che oggi è diventata la periferia occidentale di Tokyo, e dai diari dei funzionari del municipio di Hirosaki i ricercatori hanno ricostruito il periodo che, sia pur con qualche intervallo, va dal 1650 al 1900. Ogni 24-31 giorni, effettivamente, hanno trovato un picco nell’attività elettrica fra le nuvole. Il Sole, ruotando su se stesso con un periodo di 25 giorni all’equatore e 35 ai poli, espone periodicamente alla Terra le macchie e le facole in cui l’attività magnetica è più intensa. Una pioggia di particelle cariche si dirige in quei giorni verso l’atmosfera terrestre, facilitando l’innescarsi nelle nuvole delle condizioni elettriche che provocano i fulmini. «È ben noto che le variazioni dell’attività solare influenzano il clima terrestre sulla scala dei secoli e dei millenni» spiega Hiroko Miyahara, primo autore della ricerca. «Ma non è così chiaro se possa influenzare anche le condizioni giornaliere o mensili». Anche un’altra ricerca pubblicata nel 2014 da alcuni meteorologi dell’università di Reading aveva trovato una correlazione fra intensità dell’attività della stella e numero dei fulmini in Gran Bretagna.
«Ma i legami fra attività solare e clima, nel loro complesso, non sono affatto semplici da capire», precisa Francesco Berrilli, professore di Fisica solare all’università di Roma Tor Vergata e accademico dei Lincei. «Al periodo di rotazione di 25-35 giorni si aggiunge il ciclo solare di 11 anni, che ora si sta avviando verso un minimo piuttosto robusto. In queste condizioni macchie e facole sono più rare e secondo i colleghi giapponesi la variabilità dei fulmini dovrebbe attenuarsi». I legami certi fra l’attività della stella e la Terra per ora riguardano solo l’intensità della radiazione ultravioletta, che può aumentare o diminuire anche del 10% a seconda della fase del ciclo solare, e con essa l’ozono atmosferico. «Nell’800 l’astronomo William Herschel provò a correlare il ciclo solare al prezzo del grano» racconta Berrilli. «Ma senza successo. Un’altra ricerca giapponese di dieci anni fa ricostruì il rapporto fra l’attività della stella e il periodo di fioritura dei ciliegi. Noi stiamo studiando l’incidenza di alcune malattie delle ossa che sono legate alla presenza di raggi ultravioletti, e quindi alla produzione di vitamina D».