il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2018
Tags : Anno 1901. Raggruppati per Opere. Italia. Arte/Pittura
Philippe Daverio: «Il Quarto Stato? Fu il cinema prima del cinema»
Il canto anarchico “Inno della rivolta” è del 1894 e nella sua prima strofa recita: “Nel fosco fin del secolo morente / sull’orizzonte cupo e desolato / già spunta l’alba minacciosamente / del dì fatato”. Per Philippe Daverio, critico d’arte, docente, saggista (nonché noto personaggio tv), quelle note anarchiche rappresentano la colonna sonora del “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo. Quello l’animo con cui va letta e ammirata la tela.
Quale fu la genesi dell’opera di Pellizza?
Questo quadro è del 1901 ma l’esigenza della sua creazione va ritrovata in un evento di qualche anno prima quando, per reprimere i moti milanesi del 1898 (già evoluzione di quelli del 1848), il generale Bava Beccaris ordina di sparare cannonate sulla folla. Quella strage induce Pellizza a realizzare l’opera. E, dopo il suicidio dell’autore, il quadro fu acquistato dalla città di Milano attraverso una sottoscrizione pubblica. Siamo alla fine del XIX secolo, una fase di forti sentimenti politici. C’era condivisione e fermento nel movimento anarchico milanese a cui Pellizza apparteneva.
Una sottoscrizione pubblica per acquistare il quadro?
Sì, proprio così. Nel 1920 il Consiglio comunale di Milano decide di comprare il quadro. La cifra fu di cinquantamila lire che equivale più o meno a 50mila euro di oggi. Soltanto in un’altra occasione si è proceduto a un acquisto del genere. Sto parlando della “Pietà Rondanini”, la scultura di Michelangelo comprata nel 1952 dal Comune di Milano per destinarla alle Raccolte Civiche del Castello Sforzesco.
Quali sono i valori che si ritrovano in questo dipinto?
I valori tipici di quel periodo. Siamo all’inizio del secolo e c’è l’idea del grande riscatto sociale. Sono illuminanti le parole del canto anarchico “Inno della rivolta” quando fa riferimento all’alba del dì fatato nel fosco fin del secolo morente… Temi che ci parlano dell’identità di una nuova Italia. In questo quadro ci sono l’emancipazione, la capacità di rivolta e l’organizzazione della classe operaia.
Secondo lei si può affermare che il Quarto Stato con il passare degli anni si sia trasformato in un’icona pop?
Non direi perché questo quadro è e rimane un’opera prettamente politica. L’ultimo grande dipinto di natura politica fu realizzato all’inizio degli anni 60 e si chiama “Grand Tableau Antifasciste Collectif”, un’opera di più artisti che facevano parte del movimento dei citazionisti.
Quale fu la grande intuizione di Pellizza ?
Semplice: ha inventato il cinema prima del cinema. Pensateci bene: per le sue dimensioni il “Quarto Stato” è il primo quadro realizzato in Cinemascope. Al centro i due uomini e la donna al loro fianco, il movimento dei lavoratori alle loro spalle… Sembra di vedere la realtà da dietro una macchina fotografica, anzi ancora meglio, da dietro a una cinepresa. L’immagine che ci arriva agli occhi sembra quella di un’inquadratura di un film di Eisenstein. E il grande regista russo, autore de “La corazzata Potëmkin”, quando Pellizza finisce il “Quarto Stato”, ha appena tre anni.