il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2018
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I 150 di Pellizza: a Volpedo quel quadro diventa realtà
Ci son luoghi in Italia che cambiano volto grazie ad un loro concittadino. Uno di questi è Volpedo, duemila abitanti, in provincia di Alessandria. Chi lo nomina associa immediatamente al nome del paese un cognome: Pellizza. È in quel borgo, uno dei più belli del nostro Paese, allo sbocco del torrente Curone, che il 28 luglio 1868 nasceva da due contadini, Giuseppe Pellizza, l’uomo che ha dipinto Il quarto stato, l’opera entrata a far parte della vita del sindacato e della Sinistra d’un tempo. Centocinquant’anni dopo bisogna tornare tra quelle colline dove gli abitanti vanno orgogliosi oltre che del pittore anche delle loro pesche, per ritrovare lo spirito di Pellizza.
La via per raggiungere Volpedo è il preludio di ciò che dopo qualche chilometro di strada attraverso la campagna e le antiche cascine piemontesi, si incontra: un paese che non ha smesso di essere lo scenario ideale di un pittore. Nel borgo dove l’artista ha scelto di vivere fino al giorno della sua morte (14 giugno 1907) sembra di rivederli i personaggi del Quarto stato. Sono ancora lì tra le viuzze lastricate, lo studio del pittore, l’antica pieve romanica di San Pietro, il portico della sua casa dove nel 1895 dipinse Sul fienile. All’angolo di via Sovera, seduti dinanzi alle loro case che s’affacciano sulla strada che porta in piazza Quarto stato, puoi incontrare i volti rugosi di anziani che immagini essere stati protagonisti di quel dipinto che ritraeva sulla tela proprio gli amici e la moglie del pittore.
“Luigi Albasini, il bambino in prima fila in braccio alla donna che invita con un eloquente gesto i manifestanti a seguirla – spiega Pierluigi Pernigotti, direttore dei musei pellizziani – se n’è andato qualche anno fa. Lo potevi incontrare all’osteria dove tra un bicchiere e l’altro raccontava ancora del pittore”. A Volpedo l’orologio pare essersi magicamente fermato. La piazza dove Pelizza nel 1901, dopo Ambasciatori della fame e La fiumana (tappe essenziali del percorso prima del celebre quadro), dipinse il “più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l’Otto e il Novecento”, è rimasta inalterata. Negli ultimi anni è stato riportato alla luce l’acciottolato e ricostruite attraverso dei pilastri le posizioni dei personaggi, “così i visitatori possono mettersi in posa come nella grande opera”, spiega Pernigotti. Ma Giuseppe Pellizza non è solo Il quarto stato. Lo si capisce camminando per Volpedo dove a farti da guida può capitare che sia proprio il sindaco Giancarlo Caldone: un simpatico socialista d’altri tempi che gira con un bassotto tenuto ad un guinzaglio lungo alcuni metri.
In paese ci sono diciotto cavalletti con la riproduzione delle opere, sistemati nei luoghi ove Pelizza le ha dipinte: l’Idillio primaverile nel prato adiacente la chiesa; Sul fienile accanto alla sua abitazione che in occasione del 150esimo anniversario sarà aperta nel mese di settembre; Il sole nascente collocato sulle mura di fronte al paese di Monleale dove l’artista ancora in piena notte saliva in attesa dell’alba. E poi il luogo di lavoro, grazie alle figlie che lo hanno conservato e poi donato al Comune: “Oggi – dice Pernigotti – rappresenta una rara eccezione nel panorama italiano di uno studio di un pittore italiano dell’Ottocento”. Dentro ci sono ancora il suo cavalletto, la tavolozza, i colori. Ed è lì che per l’anniversario della nascita dal 1° al 30 settembre verrà inaugurata la mostra intitolata “Capolavori che ritornano”. Da Torino arriverà Membra stanche o famiglie di migranti; da dal museo Leonardo da Vinci di Milano giungerà il ritratto del Mediatore Giani; dagli Uffizi di Firenze L’autoritratto ad olio. Dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, Prato fiorito. “Ognuna di queste opere – continua il direttore – sarà messa al confronto con un bozzetto. A queste si aggiunge Biancheria al sole che è dipinto anche sul cavalletto che è nello studio”.