la Repubblica, 22 luglio 2018
Il giallo più giallo di Simenon
Le persiane verdi era il romanzo di Simenon più bello e più forte, secondo la sua cameriera, la mitica Boule bionda e pienotta, nelle cui grazie intime lo scrittore, per tutta la vita, iniziò la sua giornata. Tranne per quindici giorni. Le persiane verdi è la storia – trasposta, evidentemente – di quei quindici giorni. I fatti risalgono al 1940, ma il romanzo (che esce nell’avvincente traduzione di Federica Di Lella e di Maria Laura Vanorio per Adelphi) Simenon lo ha scritto nel 1949, quando si trovava lontano dalla sua Francia, a Lake City, nel Connecticut. A Lake City non succedeva nulla; nel 1850 aveva 3.103 abitanti; cent’anni dopo, ne contava 29 di più. Eppure Simenon era felice. Gli epuratori della Liberazione gli avevano creato problemi (sarà, per tre volte, scagionato) e lui è partito per l’America; a 42 anni, un nuovo inizio.
La segretaria di 24 anni Denyse è la scoperta dell’amore; gli ha appena dato un figlio. Lo scrittore vive con la moglie Tigy, Boule e Denyse, e ha smesso di bere: è il periodo Coca-Cola, che peraltro dura poco. È il buon momento per rievocare uno dei periodi più bui della sua vita, quando un medico, per errore, gli aveva diagnosticato un cuore in rovina: davanti, forse due anni di vita, se smetteva di bere, di fumare, di scrivere libri e di fare l’amore. Per Simenon, due settimane di terrore, poi – su testimonianze convergenti di Tigy e di Boule – la vita riprese come prima. Le persiane verdi comincia così, con una visita medica di un attore famosissimo e osannato, Maugin; mentre gli esamina su uno schermo il torace, il cardiologo è corrucciato, l’attore parla per distrarre la propria paura. Dice di suo padre morto di cuore a 40 anni (lui di anni ne aveva 14, e quella sera aveva in tasca i 25 centesimi che gli aveva dato il compagno Nicou per toccare sua sorella). Parla delle paludi della Vandea, dove i letti sono altissimi per via delle frequenti inondazioni. E arriva la sentenza: l’attore ha 60 anni, ma il suo cuore 75. Maugin esce, e inizia – mentre il personaggio riprende la sua vita di sempre: teatro estenuante, cinema, bevute, tirannia con i collaboratori – uno dei più possenti ritratti del Simenon “duro”. I gialli, per Simenon, erano “mestiere”, un modo per “impastare la materia”, e imparare a scrivere i romanzi veri, i romanzi “duri” – quando Gide gli scriveva che erano capolavori anche i suoi gialli, si metteva a letto con una febbre da cavallo.
Le persiane verdi è quello a cui tenne di più: nelle sue pagine non succede molto. Ma tocca comunque al lettore scoprire alcune cose. Per esempio, il protagonista vero della storia, che è l’arredamento. Già il titolo doveva mettere in guardia. Sono gli interni (le case poverissime delle origini, quelle ricche e fredde dell’agiatezza, i disordinati camerini di teatro) che punteggiano il romanzo – e si capisce perciò che piacesse alla cameriera Boule. Ma le luci del romanzo restano accese sul teatro, sul cinema, sui ristoranti di Parigi; su una giovanissima moglie devota, sulla gelosia e la perdita di senso della vita; e sempre il vino, e le donne, animalescamente. Il lettore è avvinto, Maugin è distaccato. È una Morte di Ivan Il’i? carnale, sanguigna; Mougin si dibatte contro la morte cercando di rendersi detestabile e riuscendo indimenticabile e fraterno. In un’Avvertenza, Simenon tiene a dichiarare “categoricamente” che non si è ispirato, per il personaggio a Raimu, il colosso che rappresentò al cinema tra le due guerre il marsigliese del popolo. L’asserzione è sospetta; forse Simenon vuole scongiurare un’altra identificazione. Da Medellín un lettore gli comunicò la sua scoperta: Maugin è Simenon. Lo scrittore subito corresse: solo per le prime pagine – la visita medica, cioè.
Eppure, nelle Memorie intime, racconterà così la scelta, a 18 anni, della prima fidanzatina: “Sognavo sempre di due ombre su una tenda appena rischiarata, e ho pensato che sarebbe stato bello trovarmi la sera con lei, al riparo di quella tenda, essere una delle due ombre”.