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 2018  luglio 22 Domenica calendario

La diplomazia strategica del basilico

Concetti come mente, coscienza, intelligenza, nonostante siano alla base di plurisecolari discussioni, rimangono ancora oggi come avvolti in una nebbia che ne nasconde i contorni individuali. Che cosa è la mente? Cosa la distingue dalla coscienza? E l’intelligenza? È possibile immaginare un’intelligenza priva di mente? O una mente senza coscienza? Porre in un qualsiasi consesso scientifico o filosofico una di queste domande o una qualunque altra in cui appaiano, nell’ordine che preferite, mente, intelligenza e coscienza significa scatenare discussioni infinite. Una terribile confusione che si manifesta appieno nella mancanza di definizioni condivise. Che esistono tante definizioni di intelligenza quanti sono i ricercatori a cui si chiede di definirla è risaputo. Riguardo a questi temi non esiste un numero, magari ampio, di teorie alternative fra le quali scegliere la preferita. No, ognuno ha la sua personale opinione. Su tutto. O meglio su quasi tutto... perché un aspetto non dibattuto, in effetti, esiste: mente, coscienza e intelligenza riguardano soltanto gli esseri dotati di cervello. Al di fuori dei confini del regno animale – un minuscolo regno in verità, più un principato, che riguarda un’irrilevante percentuale della vita – non esistono mente, coscienza o intelligenza. Le piante, ossia la stragrande maggioranza delle creature di questo pianeta, non hanno, quindi, possibilità alcuna di risolvere un problema o di relazionarsi con la realtà. Le piante vegetano, appunto, incoscienti e prive di intelligenza. Il trascurabile dettaglio che, in questo stato di ebete beatitudine, abbiano conquistato il mondo, sembra non turbare nessuno.
Arthur Reber (uno studioso di questi problemi), in un saggio uscito qualche mese fa e intitolato Bruchi, coscienza e l’origine della mente, non tradotto in italiano, scrive: «Iniziai a osservare un piccolo bruco verde che masticava una delle mie piante di basilico... il suo comportamento non sembrava così meccanico… scegliendo dove mordere, quanto grande doveva essere il pezzo di foglia e valutando se fosse meglio mangiare o controllare la presenza di eventuali predatori… Non potevo togliermi dalla testa la sensazione non solo che il mio bruco avesse una mente, ma anche una coscienza e che entrambi questi stati fenomenici fossero elementi essenziali del suo essere. E ho cominciato a preoccuparmi per l’errore antropomorfico». Reber si preoccupa per l’errore antropomorfico insito nel ritenere il bruco privo di mente e coscienza, ma non così tanto da allargare al basilico gli stessi «stati fenomenici» riservati al bruco. 
Eppure il basilico non è l’ambiente su cui vive il bruco, è un essere vivente complesso che, anche senza un cervello, sviluppa comportamenti articolati, iniziando da quando è ancora un seme e deve decidere, dopo aver valutato una pletora di segnali (fra i tanti: temperatura, disponibilità di acqua, luce, composti organici e minerali del suolo ecc.), se e quando germinare. L’abilità nell’interpretare l’ambiente determinerà quali saranno i semi più accurati nel valutare il momento migliore per la germinazione. L’apparato radicale della piantina di basilico che cresce dovrà essere in grado di acquisire ininterrottamente informazioni dal suolo, percependo gradienti chimici, ostacoli, eventuali nemici, veleni, acqua, così da elaborare le strategie di crescita e di esplorazione del suolo. Radici e rami dovranno essere in grado di competere per risorse limitate, investendo su future acquisizioni di nutrienti o migliori disposizioni luminose. La piantina dovrà presto essere in grado di imparare il modo corretto di rispondere agli attacchi esterni, compreso il bruco, così da rendere massime le proprie possibilità di sopravvivenza col minimo consumo di energia. Per farlo dovrà sviluppare una memoria. E poi, nel corso della sua breve vita avrà necessità di stringere alleanze, di comunicare con altre piante di basilico, di scegliere il momento per fiorire, di convincere gli insetti a portare in giro il proprio polline. E se ancora credete che per le piante sia possibile cavarsela lo stesso essendo insensibili, incoscienti e prive di intelligenza allora Reber non è il solo ad avere un grosso problema con l’errore antropomorfico.