la Repubblica, 22 luglio 2018
Alexandra, che si inventò vittima della strage al Bataclan
Si è fatta tatuare il motto di Parigi “Fluctuat nec mergitur”, oscilla ma non affonda, diventato il grido di resilienza dopo gli attentati di Parigi. Alexandra D. aveva posato per l’Afp al momento del terzo anniversario degli attentati del 13 Novembre 2015, indossando una corona di fiori e mostrando quel marchio indelebile sul braccio “per non dimenticare mai l’orrore di quella notte”. La donna di 32 anni era stata intervistata da molti giornalisti, invitata dalle autorità alle commemorazioni. Ogni volta raccontava di com’era stata sfiorata da una pallottola di kalashnikov mentre era fuori dal café Crillon nell’undicesimo arrondissement. «Ho incrociato lo sguardo dei terroristi, agivano a sangue freddo, come macchine programmate» ricordava. Due suoi amici, Raphael e Nohémie, erano rimasti uccisi nell’attacco. Lei era uscita illesa. «Mi sono slogata solo il pollice» aveva detto. Poi si era corretta, mostrando una cicatrice di sei centimetri sul braccio, coperta dal tatuaggio. Alexandra, che in passato aveva lavorato come assistente alla comunicazione nel gruppo L’Oréal, era diventata uno dei membri più attivi dell’associazione Life for Paris che riunisce gran parte delle vittime del terrorismo. Era anche riuscita a ottenere dallo Stato un sussidio pari a 20mila euro.
Oggi Alexandra è a processo per truffa aggravata e falsa testimonianza. Sono stati alcuni sopravvissuti degli attentati a insospettirsi, riscontrando incongruenze nei suoi ricordi. Dopo i primi sospetti, sono incominciate le ricerche. È spuntato un video della Cnn, girato nelle ore successive agli attacchi, nel quale Alexandra confida di non aver mai raggiunto i suoi amici al bar Carillon e di essersi così miracolosamente salvata. Alla fine è stata proprio l’associazione Life for Paris a sporgere denuncia contro la falsa vittima. Dopo un primo interrogatorio nel giugno scorso, i magistrati hanno disposto la sorveglianza giudiziaria e le cure psichiatriche per l’imputata.
Il portavoce di Life for Paris, Alexis Lebrun, la ricorda come una «persona molto estroversa» che metteva continuamente messaggi «lacrimevoli e un po’ patetici» sui social network. «È una caratteristica che abbiamo trovato in molte altre false vittime». Quello di Alexandra non è infatti né il primo né l’unico caso. È forse l’aspetto meno noto e più paradossale della stagione del terrorismo che si è aperta tre anni fa: oltre 250 morti e centinaia di vittime ma anche un piccolo manipolo di persone che ha tentato di utilizzare il dramma nazionale per farsi pubblicità o peggio per arricchirsi. Un infermiere di 29 anni. Cédric Rey, ha raccontato per mesi di essere uno dei superstiti del Bataclan fino a quando non è stato smascherato. È stato costretto ad ammettere di essere rimasto nella sua casa della banlieue parigina la notte del 13 novembre. Alle fine è stato condannato nel dicembre scorso a due anni di carcere. Un’altra donna di 49 anni, nota per essere una delle fondatrici dell’associazione di vittime Life for Paris, aveva falsificato biglietti del concerto del Bataclan e altri documenti per dimostrare di essere presente all’evento. Aveva intascato 25mila euro dal fondo dello Stato più altri 13mila da parte dalla polizza vita. La donna, che aveva già precedenti per truffa, era anche riuscita a farsi assumere per qualche mese da Life for Paris. È stata arrestata a febbraio e condannata a quattro anni di reclusione.