Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  luglio 22 Domenica calendario

Intervista a Pio e Amedeo

Il congiuntivo lo sanno utilizzare, conoscono il buongiorno e il buonasera, non ruttano dopo aver bevuto né indossano zoccoli Scholl, quelli noti per il rumore estremo quando si cammina, “in realtà siamo anche andati vicini alla laurea, poi per il lavoro abbiamo lasciato”. Sono Pio e Amedeo, foggiani, anno di nascita 1983, uno il 20 agosto, l’altro appena cinque giorni dopo (“e nel medesimo ospedale, in realtà siamo amici da sempre”); per alcuni rappresentano il massimo del trash al limite dell’imbarazzo, per molti altri sono lo specchio più vero, attuale ed estremo dell’italiano dentro i suoi vizi, vezzi e debolezze. Vestiti in pelliccia, canottiera, ciabatte o zoccoli (appunto) e collane al collo, girano il mondo sotto l’insegna Emigratis (programma Mediaset) e vanno a scovare i connazionali, spesso vip, all’estero. Senza limiti. Di battute o di trivialità. Con loro il concetto di politically correct si avviluppa su se stesso, e alla moglie dell’ex portiere interista Zenga, riescono a dire “tu vai a letto con Walter solo perché è famoso”, o chiedono a Briatore “mi assumi l’amico mio che cià bisogno? Tanto sei ricco”. Quindi scroccano, spillano soldi. “Noi portiamo in giro l’italiano medio con le sue battute da mercato, le massime da bar, i luoghi comuni da giardinetti; poi indossiamo la pelliccia e la maschera di Pio e Amedeo avviluppa le nostre anime”.
Conoscete il congiuntivo.
Ci mancano cinque esami alla laurea in Scienze della comunicazione.
Vi siete conosciuti in facoltà.
(Pio) La nostra amicizia nasce quando avevamo dieci anni, poi abbiamo scoperto, grazie a una foto, di essere nati nello stesso ospedale con le nostre mamme ricoverate nella medesima stanza.
Al limite del destino.
(Amedeo) Suo padre ha un rapporto con le foto simile a quello dei giapponesi: scatta in continuazione; un giorno sfoglia un album, e dietro al primo piano della moglie, si accorge che la compagna di stanza è mia madre.
Poi amici.
(Pio) Insieme ad affrontare il quartiere Cep di Foggia.
La prima volta che vi siete visti…
(Pio) Io leggermente stupito dalla sua quantità di peli, ne aveva anche sull’alluce e ad appena dieci anni. (Amedeo: ‘Vabbè, ho sviluppato presto’). Già usciva di casa con degli zoccoli improbabili, quasi inquietanti; io pesavo quanto adesso, ho una storia simile a Tiziano Ferro.
Un bel pupone.
(Pio) Eh, grassottello.
Due nerd.
(Amedeo) Dipende dai punti di vista: se per nerd si intende chi non scippa, allora sì, eravamo dei nerd.
Il “metro” era lo scippo?
(Amedeo) Nel nostro quartiere era la normalità; noi al massimo e per un periodo ci siamo appassionati agli stemmi delle auto, in particolare la stella della Mercedes.
(Pio) La staccavamo dai cofani e la indossavamo come collana, oppure la vendevano a 4-5 mila lire.
Chicchissimi.
(Amedeo) Comunque rispetto alla nostra comitiva, composta da quindici o sedici ragazzini, siamo tra i cinque o sei senza alcun precedente penale.
Vergogna.
(Pio) I quartieri popolari sono così: nasci ladro o poliziotto.
I vostri genitori.
(Pio) Mio padre ispettore dell’Inps, odiatissimo a Foggia, mia madre impiegata in ferrovia.
(Amedeo) Il mio è tuttora portiere in un palazzo, mamma casalinga.
È stato complicato non cadere nella tentazione criminale?
(Pio) In realtà ci siamo divertiti: i bulli del quartiere erano soggettoni strepitosi, con i loro riti, le loro pose, le loro piccole o grandi certezze; vestiti in maniera bizzarra, anche loro con ai piedi gli zoccoli.
(Amedeo) Al massimo ci impressionava la loro ostentazione dell’agio economico, la bella vita sbattuta in mezzo alla via, esibita come trofeo di un destino ribaltato, da poveri a ricchi tra il popolo.
(Pio) Un ragazzo era in grado di rubare il motorino con il proprietario seduto ancora sopra. Un fenomeno. Però dallo stesso gruppo di ragazzi ne è uscito anche un professore di Fisica all’Università di Londra.
Paura, mai.
(Amedeo) È forse il luogo nel quale mi sono sentito più al sicuro: quel tipo di criminalità si occupa del suo quartiere, protegge gli abitanti, cerca il consenso attraverso un tacito patto di non aggressione.
Voi alle superiori.
(Pio) Diplomato con 84 in Ragioneria ed eletto rappresentate d’istituto, leccavo un po’ il culo ai professori: per un periodo sono stato una sorta di ‘Che’ dell’istituto, d’accordo con il corpo docente abbiamo cacciato il preside.
(Amedeo) Tra i due sono quello serio, ho frequentato lo Scientifico e a Foggia la vera demarcazione sociale la vivi a seconda delle superiori: ero l’unico liceale proveniente dal Cep, in classe relegato nel banco singolo, in fondo all’aula.
Come in Ovosodo di Virzì.
(Amedeo) Isolato, poi piano piano sono riuscito a ribaltare i rapporti, ed eletto rappresentante d’istituto.
Checco Zalone, alias Luca Medici, quando non è in scena a volte soffre il suo personaggio…
(Pio) Rispetto a lui c’è una differenza: noi rappresentiamo due maschere ma utilizziamo i nostri nomi, e come Pio e Amedeo possiamo passare da Emigratis al programma in radio, allo spettacolo a teatro. Non abbiamo bisogno di specificare chi siamo, non vogliamo mai sputare nel piatto in cui mangiamo.
Siete complici.
(Pio) Ci conosciamo a memoria.
Pregio e difetto.
(Amedeo) Lui è paranoico: quando c’è un problema, si fissa tutto il giorno, scassa le palle a manetta.
Pregio.
(Amedeo) Siamo consapevoli dei nostri limiti.
(Pio) Uno compensa l’altro, da quando siamo ragazzini ho sempre la sensazione di un cervello in due.
Le vostre mogli lo accettano?
(Pio) Delle vittime… e sono completamente fuori dal mondo dello spettacolo.
Com’è questo mondo?
(Pio) Un microcosmo strano, dove ogni tanto non capisci certi parametri, dove ci sono persone che guadagnano cifre elevate, e senza alcun motivo e tutte le volte penso ai nostri genitori, al culo che si fanno, e alla sproporzione vergognosa tra impegno e riconoscimento economico.
Nei vostri sketch insistete molto sui soldi, spesso scroccate dal vip-vittima.
(Amedeo) È come una forma di rivincita sociale, in quel momento siamo il popolo che si va a riprendere uno spicchio di benessere sottratto.
(Pio) Il bello è che il nostro pubblico gode nel vederci strappare dei benefici, ed è questa la follia: uno dovrebbe sostenerci nel caso fossimo dei novelli Robin Hood, invece l’italiano punta su di sé.
Sono tirchi questi vip?
(Pio) La maggior parte no, in particolare i calciatori: spesso sono nati in quartieri popolari e amano scialacquare.
(Amedeo) E sono giovani, il futuro non viene mai considerato, per loro l’oggi è moltiplicabile all’infinito.
(Pio) I calciatori all’estero (una puntata è con Balotelli) si sentono soli, quando andiamo ci ringraziano anche delle umiliazioni, gli svoltiamo la giornata.
Vi raccontano storie molto personali.
(Pio) Alcune le censuriamo, specialmente quando capiamo che certe rivelazioni potrebbero danneggiarli.
Siete pure finiti nei guai.
(Pio) A Dubai sono stati cacchi seri, e tutto per inseguire Paris Hilton.
Fermati dalla polizia.
(Pio) Due idioti, non avevamo studiato le regole e le usanze locali: ci siamo presentati con lui vestito da Sultano di San Severo, io da bodyguard.
Blasfemi.
(Amedeo) È gravissimo entrare agghindati in quel modo dove servono alcool: si rischia una multa di 35 mila euro e una settimana di reclusione. E noi da bravi ignoranti abbiamo varcato la soglia di una discoteca.
(Pio) Ci hanno interrogato per tre ore, una paura fottuta, se provavamo a replicare, si portavano l’indice davanti alle labbra e shhhhhh.
Come ne siete usciti?
(Amedeo) Grazie al proprietario del locale, Giuseppe Cipriani, li ha convinti della nostra buona fede. Però ci hanno cacciato dal Paese, esattamente come in Russia.
Lì siete andati con Vladimir Luxuria.
(Pio) In occasione delle Olimpiadi invernali di Sochi, c’era Putin che esternava contro gli omosessuali.
Cosa vi fa ridere?
(Pio) Certe debolezze, tipo il meridionale che si converte a Salvini e magari finge un’inflessione del nord.
A 17 anni dove pensavate di arrivare?
(Amedeo) A questo livello, no; per noi era già il massimo aver conquistato uno spazio a Telenorba, tanto che volevamo tatuarci sul polpaccio il viso del proprietario dell’emittente. E non scherziamo.
Però l’avete lasciata.
(Amedeo) E rinunciato a 2.300 euro al mese, e già così ci sentivamo ricchi, i nostri genitori disperati: ‘Siete impazziti? Ma cosa vi credete?’.
Non è bastato a trattenervi.
(Amedeo) Siamo partiti per Milano e per un paio di anni abbiamo vissuto buttati ovunque, ottimizzato ogni risorsa finanziaria, umana e professionale.
(Pio) Giravamo con un dvd con dentro le nostre imprese.
Sì, ma di cosa vivevate?
(Amedeo) Magari andavamo a mangiare dall’amico dello zio di un cugino, oppure alla mensa dei vigili di Milano, qualunque situazione andava bene.
Senza dubbi sulle vostre capacità.
(Amedeo) Pensavamo di non essere inferiori ad altri di successo, poi continuamente rompevamo le palle ai portieri di Mediaset: ‘Eddai, dacci il dvd a uno importante’…
Alla fine…
(Pio) Ci inseriscono nel pubblico de Le Iene, e una volta dentro bracchiamo uno degli autori e gli consegnamo il materiale.
La voce narrante dei vostri servizi è di Francesco Pannofino…
(Pio) I testi li scriviamo noi, e ogni tanto ci chiama, turbato: ‘No ragazzi, questo no, non posso insultarvi così!’.
Quando avete pensato: ci siamo riusciti?
(Amedeo) Davvero, il momento clou è stata Telenorba: quei 2.300 euro ci sembravano già tanti.
Oggi i genitori si sono tranquillizzati…
(Pio) Mica tanto, rompono le palle a ripetizione, invece di dirci buongiorno, ci ammorbano con: ‘Compratevi una casa. Oggi ci siete, domani chissà’.
Hanno ragione.
(Pio) Infatti 40 metri quadri li ho acquistati.
Gli artisti sono fragili?
(Pio) Quando gli punti la telecamera addosso vanno tutti in ansia da prestazione…
(Amedeo) Poi nei calciatori leggi la loro ansia del domani, la paura di non essere adeguati al post-pallone; la questione è avere un mestiere e delle reali qualità, mentre oggi la comunicazione si è aperta verso canali dove la gente piazza due foto su Instagram e sbarella.
Chiara Ferragni.
(Pio) No, lei ha testa, una veramente sveglia; però la numero uno in assoluto è Bebe Vio: sa sdrammatizzare, scherzare, relativizzare come nessun altro. È lei a metterti a nudo.
Vi siete fatti una canna in televisione.
(Pio) Ad Amsterdam durante un servizio, e neanche siamo abituati.
Sicuri?
(Amedeo) Qualcosa in gioventù, poi basta, altrimenti lui va in paranoia.
(Pio) Oh, ci lavoro con il cervello!
Avete importunato la Merkel.
(Amedeo) Ecco, lì abbiamo rischiato…
(Pio) Siamo partiti per Berlino con l’idea ‘l’euro ci ha rovinato’. L’obiettivo era piazzarci sotto il palazzo della Cancelleria e insultare.
Siete andati oltre.
(Pio) Davanti alla Porta di Brandeburgo ci appare proprio la Merkel; senza dirci niente iniziamo a correre verso di lei, infagottati nelle nostre pellicce e con delle valigie belle grosse in mano…
Insultandola.
(Amedeo) Abbiamo detto di tutto, poi soddisfatti ci siamo guardati quasi per congratularci, e a quel punto sono comparsi dei puntini rossi sulle nostre fronti.
I cecchini.
(Pio) Temevano avessimo una bomba nelle valigie. All’improvviso ci siamo resi conto della follia. Poco dopo siamo finiti seduti su una panchina per riprenderci dalla paura.

(Amedeo) Pio in totale paranoia.
Un sogno professionale.
(Pio) Portare Salvini in Romania e con la roulotte.
Avete detto: “Più acquisti notorietà e meno paghi”
(Amedeo) Confermo. Ci invitano ovunque e quando vai al ristorante basta una foto su Instagram e sono tutti contenti.
I vostri fan.
(Pio) A volte assomigliano ai nostri personaggi: una sera stavo al ristorante, mia figlia in braccio, è arrivato uno e mi ha dato una pizza sul collo. Io e la piccola siamo finiti con la testa dentro al piatto.
Si è scocciato.
(Pio) No, mi sono divertito; mi devo preoccupare se non accadono certe situazioni.
Voi siete…
(Amedeo) Fortunati. Quando mi lamento, mio padre risponde: ‘Sono 37 anni che mi sveglio alle cinque e mezzo del mattino per 900 euro al mese, quindi te ne vuoi andare a fanculo, o no?’
(Canta Jovanotti: “Sono fortunato perché m’hanno regalato un sogno, sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno”)