La Stampa, 21 luglio 2018
Daw: «Così ti clono i capolavori». Copie perfette in scala 1:1
È una delle start-up culturali italiane di maggiore successo. Pur essendo ad alto tasso tecnologico, è nata per un desiderio pazzo di madeleine: la possibilità, per un figlio, di riassaporare l’atmosfera dei quadri dipinti dal padre, scomparso poco più che cinquantenne.
A rivelarlo è l’ingegner Franco Losi, che insieme con il collega John Blem, entrambi esperti di «information technology», nel 2015 ha creato la start up «Cinello» (in onore appunto di Cinello Losi, l’artista piacentino scomparso nel 1982) brevettando i «Daw», Digital Art Work: multipli digitali in scala 1:1, in serie limitata, certificati e non duplicabili grazie a una tecnologia brevettata che ne garantisce la gestione.
Ricavi divisi a metà
«Ogni Daw», spiega Franco Losi, 55 anni, ex amministratore delegato di eClass, «è unico, numerato, autenticato e non riproducibile, e rispetta tutti i vincoli e i requisiti dell’opera d’arte, a partire dalla sua unicità: io mi sono inventato questa tecnica per recuperare i dipinti di mio padre, ma poi ci siamo resi conto che potevamo duplicare l’intero patrimonio artistico italiano, creando utili da condividere con i musei».Ed è così che questa start-up (società privata totalmente autofinanziata dai fondatori, con sedi a Milano, Firenze e Copenaghen) col benestare del ministero dei Beni culturali è riuscita a stringere accordi con i più importanti musei italiani pubblici e privati, ottenendo l’autorizzazione a riprodurre i loro più celebri capolavori. La formula garantisce ricavi che saranno divisi salomonicamente: la rendita netta di ogni «Daw» venduto (non chiamatela copia, che è sempre esistita nell’opera d’arte, ma sarebbe definizione riduttiva) vengono ripartiti a metà con il museo che custodisce l’originale, «facendo così fruttare in modo virtuoso il nostro patrimonio artistico», aggiunge John Blem, 51 anni, ex fondatore di Milestone, «e garantendo nuove risorse per la sua salvaguardia».
Un team di ingegneri
La tecnica è complessa e non viene, com’è ovvio, svelata per intero. «Si tratta», chiarisce Franco Losi, «di una piattaforma sviluppata da un team di ingegneri che si avvale dei più moderni sistemi di cifratura e crittografia in grado di garantire sempre, e per ogni Daw, la proprietà, l’unicità e l’incopiabilità». Finora Cinello ha stipulato accordi di collaborazione con il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo di Palazzo Pretorio di Prato, il Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, la Pinacoteca di Brera, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano: questi musei forniscono alla start up i file in alta risoluzione dei loro capolavori e da questi l’azienda ricava riproduzioni limitate in dimensioni reali, certificate e non copiabili. Per ogni opera vengono prodotte due serie, la prima (contraddistinta da numeri romani) è destinata ai musei, l’altra (con numeri arabi) al mondo dei collezionisti. Trattandosi di una copia digitale, il risultato è del tutto identico all’originale, al punto che non è riconoscibile neanche all’occhio più raffinato ed esperto. Le pennellate sono rese con la stessa densità (grumi compresi), i segni del tempo – dal logorio alle abrasioni della tela o del foglio – riprodotti con precisione certosina. I prezzi? «Non siamo ancora in grado di dirli», spiegano da Cinello. «Quello che possiamo affermare con certezza è che gli acquirenti saranno principalmente musei stranieri»
L’associazione no profit
Tra i capolavori più importanti finora duplicati L’annunciazione di Leonardo (1472-1475) e La Madonna del cardellino di Raffaello (1506), entrambi conservati agli Uffizi, la Crocifissione di Masaccio (1426) del Museo di Capodimonte a Napoli, Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti di Andrea Mantegna (1470-1474) della Pinacoteca di Brera. Ma siamo soltanto a metà della storia. Perché Cinello non si è accontentato di tutto questo, ma ci ha costruito intorno una associazione senza fine di lucro, «Save the Artistic Heritage», che ha l’obiettivo di sensibilizzare un pubblico di appassionati sulla necessità di divulgare nuove modalità di sostegno del patrimonio artistico. «In tutto il mondo», racconta Franco Losi, «invidiano all’Italia le grandi città, i piccoli borghi, i siti archeologici e i paesaggi naturali, un eccezionale museo diffuso che, così come i grandi musei, abbiamo il dovere morale di difendere e sostenere utilizzando le tecniche più avanzate che il progresso tecnologico ci mette a disposizione».
In questi giorni a Napoli e Bari
Chi volesse ammirare dal vivo in questi giorni un Daw firmato Cinello può farlo per esempio a Napoli. Qui l’associazione «Save the Artistic Heritage» espone per la prima volta (fino al 2 settembre), alle Gallerie d’Italia di Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale napoletana di Intesa Sanpaolo, la riproduzione digitale del dipinto di Bernardino Luini Erodiade porta la testa di san Giovanni Battista a Salomè accanto alla celeberrima Scapiliata di Leonardo da Vinci proveniente dal Complesso Monumentale della Pilotta di Parma. Mentre a Bari, in occasione dell’arrivo di papa Francesco nella basilica di San Nicola, il 7 luglio scorso, «Save the Artistic Heritage» ha esposto due «Digital Art Work» di Ambrogio Lorenzetti che raffigurano alcuni momenti della vita di san Nicola (Miracolo delle giovani povere, San Nicola consacrato vescovo di Mira, Miracolo del fanciullo indemoniato e Miracolo del grano). Le due opere sono state posizionate nella basilica accanto alla statua di san Nicola, dove è avvenuto l’incontro ecumenico di papa Francesco con i capi delle Chiese e delle comunità ecclesiali del Medio Oriente. E hanno incantato il pubblico.