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 2018  luglio 21 Sabato calendario

“Io come Ronaldo, cinque ore di fatica per sfidare l’uomo bionico”

Cristiano Ronaldo ha un’età biologica di 23 anni, tu come sei messo?». Considerando che sono nato 27 giorni dopo di lui, forse anche meglio, rispondo. Ma non immagino che da lì a due giorni quella battuta fatta a un collega mi porterà di fronte al dottor Gianluca Stesina, il direttore sanitario del J Medical, il centro di alta specializzazione che segue i giocatori della Juve e che lunedì ha scandagliato palmo a palmo proprio CR7. La struttura è aperta a tutti, ma per un giorno l’osservato speciale, il calciatore in prova, sono io. «La visita per l’ingresso in squadra è importantissima» mi dice il dottor Claudio Rigo, il responsabile dello staff sanitario juventino. «L’obiettivo è duplice: da un lato valutiamo l’idoneità e dall’altro l’attitudine alle prestazioni». Lo stesso avviene con me, esattamente come se Allegri mi avesse scelto per rafforzare la difesa o sostituire Buffon. 
«Età, peso, interventi, malattie in famiglia», con le prime domande me la cavo bene. Idem con i prelievi: arrivo a digiuno per il sangue, consegno il campione delle urine. Tutto liscio anche con la visita oculistica: cornea, retina, cristallino, luci, ombre e colori. Sembra scontato ma non lo è. «L’80% dei movimenti di un atleta coinvolgono il sistema visivo» mi dicono. «Anche il minimo difetto può causare guai». 
La prima prova
Si entra nel vivo. Mezz’ora di riscaldamento in palestra, poi il test isocinetico per misurare la forza delle gambe. Ti bloccano su una poltrona di pelle nera e con un arto alla volta devi sfidare una resistenza facendo su e giù con il piede, come per calciare un pallone da seduto. «Ma non è un gioco», mi avverte il capo dei fisioterapisti. «Devi dare tutto quello che hai». Sono qui per questo, rispondo. E penso alla sfida a distanza con Ronaldo. Prima la gamba destra, poi la sinistra. Tre serie da ripetere due volte. Un esercizio breve, ma appena ti danno il via, i muscoli urlano dalla fatica. Per resistere mi aggrappo alle manopole, chiudo gli occhi e scalcio come un animale in gabbia. Quando arriva lo stop, il pensiero è uno solo: quanto ho fatto? E soprattutto: quanto ha fatto Ronaldo? Come temevo i dati dei campioni sono top secret, ma provano ad accontentarmi. Io ho sviluppato una potenza di 213 watt, un calciatore professionista si assesta tra i 250 e i 350, mentre uno sciatore può superare i 400. Insomma: male, ma non malissimo. Riprendo fiato e si passa allo screening del cuore. 
Il test sotto sforzo
Ecografia più elettrocardiogramma a riposo. Per fortuna va tutto bene: semaforo verde. Sorrido, ringrazio e cambio stanza. È l’ora del test sotto sforzo. Salgo sul tapis roulant, indosso (ma non riempio) la canotta traforata, tengo il fiato, sorrido per la foto, inspiro e parto. All’inizio si cammina. L’obiettivo è valutare il comportamento del cuore alla massima potenza, nel mio caso 187 battiti al minuto. Il calcolo è semplice, mi spiegano: si parte da 220 e si toglie una cifra pari all’età. Ogni minuto il rullo aumenta velocità e pendenza. All’inizio 8%, poi 10%, 12% e infine 14%. Per me che sono un ex calciatore amatoriale e oggi un podista della domenica, si fa in fretta ad arrivare al limite. Il pensiero torna a Ronaldo e allora stringo i denti fin quasi a creparli. Il monitor dice che sono vicino alla soglia dei 190 battiti, il dottore fa segno che può bastare. Prima di riavere la forza per parlare mi dicono che non conta solo la resistenza allo sforzo, ma soprattutto la velocità di recupero. Io impiego quasi 6 minuti, un atleta professionista ce ne mette 3 o 4. Ronaldo non lo so, posso solo immaginarlo.
Il giudizio finale
Il tempo di asciugarmi e mi portano nel reparto della diagnostica. Tutti gli acquisti della Juve quando fanno l’ingresso in società eseguono radiografie a torace e bacino, panoramica dentale, risonanze magnetiche a ginocchia e caviglie. «Lei cosa vuole fare?» mi chiedono. Questa sfida con Ronaldo la perdo volentieri e mi accontento di una risonanza alla caviglia sinistra. Il referto è ok, come la visita con l’ortopedico e quella finale per l’idoneità. Dopo 5 ore di fatica arriva il giudizio: «Non ci sono controindicazioni a diventare un professionista», scherza il dottor Stesina. «Ma per fare il calciatore servono anche i piedi buoni». Per quelli non ci sono test, solo il campo. E nel mio caso il verdetto è stato fin troppo chiaro.