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 2018  luglio 21 Sabato calendario

La parabola di Piero Grasso, da toga di ferro alla condanna a pagare gli arretrati al Pd

La parabola di Piero Grasso è una parabola strana. Il giudice inflessibile, il paladino della legalità, della correttezza e della trasparenza personale si è trovato in mezzo a una vicenda che avrebbe voluto evitare con tutto il cuore. Ma che lo coinvolge e non può che essere fonte di imbarazzo per lui. Che è coinvolto ma – parafrasando Fabrizio De André – si sente assolto. Il fatto è quello dei soldi che il suo ex partito gli chiede, come quota spettante da parte di tutti i parlamentari del Pd, e che lamenta fin da quando Grasso è passato a Leu di non aver mai ricevuto. Un corpo a corpo tra l’ex presidente del Senato e il tesoriere dem, Francesco Bonifazi. Il quale ora esulta: «Avevo promesso che avremmo portato la vicenda in tribunale, per rispetto a chi segue le regole. Oggi è arrivato il decreto ingiuntivo contro il presidente #Grasso per gli 80mila euro che deve al #Pd. Viva la giustizia». Così su Twitter. E incalza Bonifazi su Facebook: «Vi ricordate la brutta lunga polemica con il presidente Grasso sui soldi dovuti al Pd? Oggi il Tribunale di Roma ha emesso il decreto ingiuntivo contro il presidente Grasso. Siamo stati costretti a vincere l’azione giudiziaria e sinceramente mi dispiace che si sia arrivati a tanto. Ma le regole valgono per tutti. Oppure non sono regole. E le regole vanno rispettate, sempre». 

LOTTE E SOLDI 
Grasso sostiene di non aver violato alcuna regola. Ed ecco come ieri ha reagito all’esultanza dell’avversario. «Non ho ancora ricevuto – sostiene l’ex presidente di Palazzo Madama e ex candidato premier di Leu – alcuna notifica di decreto ingiuntivo. Quindi, non so su quali base possa essere stata emessa. Di certo c’è che nessuno mi ha mai chiesto una determinata cifra mensile nel corso di tutta la scorsa legislatura, e da presidente del Senato, come so essere norma, non ho ritenuto di finanziare alcuna attività politica, oltre ad aver rinunciato, tra le altre, alla parte di indennità che viene solitamente utilizzata per finanziare i partiti». 
E ancora: «Dopo aver chiesto via mail più di un mese fa un incontro con Bonifazi e i rispettivi legali, ho rinnovato la richiesta direttamente a lui due giorni fa per dimostrare, carte alla mano, le mie ragioni ed evitare il contenzioso. Evidentemente il tesoriere del Pd – che ha svuotato le casse con la scriteriata campagna referendaria e con le mega consulenze ai consiglieri americani, scelte di cui a farne le spese sono stati i dipendenti – ha bisogno di scaricare su altri le colpe della sua pessima gestione, e provare a trasformarle in un mezzo strumentale e propagandistico. Quando arriverà il decreto, può star certo che farò opposizione». Un bel match, questo dell’ex toga di ferro alle prese con la giustizia e con Bonifazi che pretende gli arretrati, e chissà chi lo vincerà.