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 2018  luglio 20 Venerdì calendario

L’uomo degli Oscar tv: «La televisione è cambiata, ora la si può trovare ovunque. È il trionfo dello storytelling»

Gestisce il suo potere con lungimiranza Hayma Washington. All’Ischia Film & Music Global Festival, dove ritira un premio alla carriera dalle mani del neo ministro Bonisoli, il Presidente e Ceo della Television Academy, l’equivalente televisivo degli Oscar, si racconta prima di prepararsi a varare il settantesimo compleanno del premio, il 17 settembre con un evento che vuole sia ricordato per sempre. Le premesse ci sono tutte. Della nomination, appena presentate, Washington è visibilmente soddisfatto, era tempo che non si vedeva un’annata tanto felice: «Un momento eccezionale per la televisione caratterizzato da uno straordinario storytelling, da una varietà di creatori di contenuti diversi e innovativi. È giusto oggi celebrare l’eccellenza televisiva».
Ma ha ancora senso parlare di televisione nell’accezione classica del termine? Washington non ha dubbi: «Prima è necessario ridisegnare l’idea che noi abbiamo di tv. Sono decenni che non la identifichiamo più con un elettrodomestico parlante da salotto. La televisione oggi vive di vita autonoma, crea personaggi, storie, percorsi alternativi che si intrecciano. La tv è nel tuo computer, nello smartphone, ovunque. Questa è una certezza con la quale fare i conti. La storia vince su tutte le tecnologie e non la si potrà mai mortificare, qualsiasi sia il modo i cui la si vuole fruire, usando un termine commerciale. Il pubblico americano è affamato di cose nuove. La parola d’ordine è “contenuti”, che non hanno nazionalità e accento se sono veri, capaci di arrivare allo spettatore, in grado di commuoverlo, divertirlo, indignarlo. Tutto quello che realizziamo è “contenuto” e per noi creatori è un’opportunità nuova entusiasmante». Proprio per questo Washington è pronto a scommettere sul successo mondiale di My Brilliant Friend – The Neapolitan Novels, ovvero L’Amica Geniale, la serie tratta dalla «tetralogia» di Elena Ferrante che uscirà negli Usa, dove i libri sono già un cult.
Il primo afroamericano
Guai a non ascoltare i consigli del primo manager afroamericano della storia della Television Academy, che vanta un passato da affermato produttore (sette Emmy vinti). Che cosa non farebbe mai dovendo produrre una serie? «Se stiamo parlando di una storia che ha avuto successo in forma diversa, per esempio di libro, non cercherei mai di cambiarla. Anzi, la mia missione sarebbe realizzare la migliore interpretazione possibile di quella narrazione. Non c’è mai un problema di ambientazione del racconto o del fatto che non ci siano star. Il nostro mercato è maturo e attende questi prodotti».
A proposito di mercato, è molto cambiata la geografia di chi si affaccia agli Emmy? «Completamente, oggi partecipano realtà che solo pochi anni fa neppure esistevano. Come distribuzione, nell’assegnazione delle nomination, al primo posto adesso troviamo Netflix. Dopo 17 anni di dominio assoluto Hbo è stata superata. Lo dico perché voglio sottolineare l’importanza della distribuzione internazionale. Netflix ha 50 milioni di abbonati fuori dagli Usa. Pianifica la sua produzione con grossi budget ed è per far uscire il prodotto a prescindere. Quando ho iniziato io, c’era una netta separazione tra produzione interna e internazionale, oggi la linea di demarcazione è sottilissima».
Dunque agli Emmy tante novità e qualche ritorno. «La serie del Trono di spade è tornata prepotentemente e ha collezionato 22 candidature. Un successo per la Hbo che deve però lottare a colpi di novità con un’industria in continua trasformazione. E di questo si sono giovati anche le piccole realtà. Ci sono storie che s’impongono per il loro contenuto forte capace di inserirsi come una coltellata nella nostra realtà. In un momento in cui i movimenti a favore delle donne manifestano rabbia per la nomina di un giudice ultraconservatore alla Corte Suprema, s’afferma un programma su un’America da incubo governata da un regime totalitario. E tra le novità assolute, l’omicidio di Gianni Versace raccoglie 18 candidature». Le fiction italiane sfigurerebbero nel contesto Emmy? «Esiste un Emmy’s Prime Time riservato ai prodotti americani e un Emmy’s International aperto a tutti. Qui l’Italia potrebbe avere ottime chance».