La Stampa, 20 luglio 2018
«È un mondo che sta finendo. Sono solo atti di resistenza»
Fin dalla sua nascita il francobollo è il corrispettivo della tariffa da pagare per il trasporto della corrispondenza. Da quando questo valore non è più espresso in lire però anche tra i filatelici serpeggia il dubbio: e i vecchi francobolli? Per rispondere a questa domanda consultiamo Matteo Armandi, responsabile dell’ufficio acquisti della casa d’aste Bolaffi di Torino e grazie a lui scopriamo che «quelli usciti prima del 1999, e quindi espressi in lire, continuano ad essere in corso, tranne qualche eccezione dovuta al sequestro di copiose entità di falsi. Tale regola investe tutte le cartevalori emesse dall’Italia a partire dal 1967».
Arrivano ancora tante buste con i francobolli in lire?
«È un atto di resistenza alla morte sempre più vicina del francobollo. In prevalenza si tratta di espressioni di collezionismo amatoriale. Lo facciamo anche noi di Bolaffi per pubblicizzare i francobolli e contagiare magari chi li riceve con questa passione».
Come funziona il commercio dei pezzi in lire?
«Alle aste ci possono essere dei lotti singoli con delle rarità oppure degli accumuli di pezzi, alcuni di valore e altri di nessun conto. Quando noi di Bolaffi acquisiamo un’eredità per esempio ci troviamo di tutto. Negli Anni 60 col caso del Gronchi Rosa ci fu il boom della filatelia e molti hanno ancora in casa tanti francobolli di quell’epoca, magari di nessun valore. E così ci sono dei commercianti che comprando quei lotti si ritrovano tanti pezzi in lire che non valgono nulla e allora li spediscono».
Sono commercianti o collezionisti?
«Sono mercanti che comprano grossi stock e usano i francobolli in lire che si possono ancora utilizzare per mandare le lettere. Sono validi e più belli di quelli ordinari di oggi».
Oggi quali tipi di francobolli ci sono?
«Quelli di posta ordinaria, i commemorativi e gli antichi utilizzabili o meno, a seconda che siano di prima o dopo il 1967».
Il punto è che oggi non si usa quasi più il francobollo?
«Sì, le buste viaggiano soprattutto con posta meccanica: si va all’ufficio postale, si fa timbrare la lettera e viene spedita».
E se la si imbuca?
«Si usa il francobollo, che in genere è quello di posta ordinaria acquistato dal tabaccaio. Niente di affascinante».
Insomma, i casi eccezionali sono frutto di resistenti o di commercianti.
«Sì, perché lottano contro l’imminente cancellazione dei francobolli. Il collezionismo però aumenterà e diventerà come nell’arte».
Da cosa dipende?
«Come per tutto da marketing e pubblicità, per questo li spediscono ancora».
Un francobollo raro può arrivare anche per posta?
«È difficile, ma magari in futuro potrebbe risultare interessante per la storia postale avere una busta con tanti francobolli».