La Stampa, 19 luglio 2018
Strasburgo 1518, il ballo degli indemoniati
Esattamente 500 anni fa, in un luglio afoso come questo, una donna di Strasburgo chiamata Frau Troffea uscì di casa e cominciò a ballare. Ballò notte e giorno cadendo spesso a terra stremata, per poi rialzarsi e ricominciare. Nel giro di una settimana, altri 30 abitanti della cittadina, che allora faceva parte del Sacro Romano Impero, cominciarono a ballare senza volerlo, senza controllare i loro movimenti e senza fermarsi mai.
La grande «piaga del ballo» di Strasburgo del 1518 è studiata e analizzata ancora oggi in libri e ricerche che cercano di venire a capo di uno dei più misteriosi e inspiegabili deliri collettivi della storia umana. Circa 400 persone si unirono alle danze, che nessuno riuscì a fermare fino ai primi giorni di settembre. La gente ballava per ore e cadeva priva di forze. Mangiava e beveva qualcosa, poi riprendeva a danzare fino a morirne.
I medici locali, utilizzando le scarse e spesso dannose conoscenze che avevano all’epoca, attribuirono il fenomeno al caldo e al conseguente ribollire del sangue nel cervello. Incredibilmente, decisero che la cura migliore per fermare il ballo era ballare di più: se l’organismo reagiva in questo modo nel tentativo di raffreddare il sangue, bisognava incoraggiarlo e aiutarlo. Le autorità fecero così costruire una piattaforma di legno vicino alla fiera dei cavalli e alcune grandi stanze degli edifici pubblici furono adibite a sala da ballo. Si assunsero musicisti per suonare e decine di robusti giovani vennero incaricati di sollevare da terra i danzatori che cadevano. Nessuno guarì con questa terapia, anzi: nel periodo più intenso della sua applicazione morirono danzando circa 15 persone al giorno.
John Waller, uno storico della medicina americano che ha studiato a lungo la piaga del ballo di Strasburgo, sostiene che oggi un maratoneta allenato non potrebbe sopravvivere alla fatica di una danza isterica prolungata per giorni. Visto che ballare di più peggiorava solo la situazione, alla fine di agosto si decise di portare gli esausti danzatori nel poco lontano villaggio di Saverne, dove c’era una grotta considerata un santuario di san Vito, il patrono dei ballerini e degli epilettici, un martire così venerato che 150 cittadine europee vantavano all’epoca di possedere sue reliquie o frammenti. Agli indemoniati danzatori vennero fatte indossare, non si sa perché, scarpe rosse e bastò un giro intorno alla statua di legno del santo per guarirli uno ad uno.Dalla finestra della sua casa di Strasburgo, Sebastian Brant aveva osservato quel delirio senza stupore. Qualche anno prima aveva scritto un libro diventato subito famoso La nave dei folli, illustrato nella prima edizione dalle xilografie di Albrecht Dürer e fonte d’ispirazione di Hyeronymus Bosch per un pannello che ora si trova a Parigi. Brant sapeva che la follia è spesso un male collettivo, che nasce dalle nostre ansie e dalle nostre paure e che può diffondersi come un contagio.
C’è chi ha cercato di spiegare la piaga del ballo del 1518 con un’intossicazione da ergot, un fungo parassita delle graminacee che produce alcaloidi derivati dell’acido lisergico, precursori naturali dell’LSD. Nel Medioevo, l’ergot è stato responsabile di migliaia di morti attribuiti a “Fuoco di Sant’Antonio”, “Male degli Ardenti” o “Fuoco Sacro”, e forse anche della caccia alle streghe di Salem, nel Massachusetts. Ma i sintomi dei danzatori di Strasburgo, descritti dall’alchimista Paracelso nel 1530, non corrispondono agli effetti di questo allucinogeno. John Waller, che è anche autore del libro A Time to Dance, A Time to Die pensa all’origine di tutto ci sia una malattia psicogenica di massa, un’isteria collettiva che si manifesta quando una comunità si trova in uno stato di stress prolungato: «La vita a Strasburgo all’inizio del 1500 – ha scritto sul Guardian di Londra – soddisfava molte condizioni necessarie all’esplodere di un disturbo psicogenico: conflitti sociali e religiosi, terribili nuove malattie, scarsi raccolti e rincaro del grano, miseria diffusa. C’erano le condizioni ideali per pensare che Dio fosse arrabbiato con loro e che San Vito si aggirasse per le vie della città».
Strasburgo ricorda in questi giorni la piaga del ballo con una mostra al Musée de l’Ouvre Notre Dame e con un Techno party nel quale altri indemoniati balleranno per giorni agli ordini di un gruppo di Dj, battezzato 1518. Ma quel grottesco evento di 500 anni fa può anche essere l’occasione di riflettere su cosa accade alla nostra mente quando siamo presi da una paura collettiva, e improvvisamente smettiamo di ragionare.