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 2018  luglio 18 Mercoledì calendario

Bahrami: «La mia vita dedicata a Bach. È malleabile, puoi pure fischiettarlo»

Nella musica di Bach non c’è posto né per gli atteggiamenti conservatori né per il catechismo da quattro soldi. Vietato ogni tipo di parrucconismo. Chi è conservatore farebbe meglio a occuparsi di banche». Lo dice Ramin Bahrami, che con Johann Sebastian vive da sempre. 

La folgorazione è arrivata quando aveva cinque anni e mezzo, «in una meravigliosa Teheran d’autunno. Era un long playing di Glenn Gould, la Sesta partita, arrivato da Parigi con un’amica persiana. Illuminò il mio pomeriggio, caddi in trance». Dopo innumerevoli incisioni sul tema, ecco il primo libro del Clavicembalo ben temperato, appena uscito da Decca, dopo il secondo pubblicato nel 2016. 
Maestro, la sua per Bach è una specie di monomanìa. Ma le basta a sostenere un’intera vita musicale?
«Per me di vite ne riempie anche quattro. In realtà eseguo tutto il repertorio, soprattutto Mozart, Brahms, Beethoven. Ma per il momento la mia attenzione è focalizzata sul compositore che, come diceva Paul Hindemith, contiene tutta la musica, dalla A alla Z. Non me ne pento. Bach è così malleabile rispetto ai contesti in cui si trova da non essere mai uguale a sé stesso: lo metti in Oriente e diventa orientale, lo usi nel jazz e va bene, lo puoi anche fischiettare. Sì, mi basta eccome».
E come spiegherebbe a chi non lo conosce il «Clavicembalo ben temperato»?
«Direi che è una lezione di saggezza e di perfezione, 48 itinerari nei sentimenti più complessi dell’animo umano. Il secondo volume è più astratto e geometrico, il primo più terreno. Insieme, sono il pane quotidiano del pianista. A partire da Beethoven che ne eseguiva i preludi e le fughe spesso». 
Ha delle fonti d’ispirazione preferite o si è costruito un Bach personale?
«Sono stato così fortunato da avere un insegnante formidabile, Piero Rattalino, che mi ha aperto il cervello. È stato lui a farmi conoscere Rosalyn Tureck, Alexis Weissenberg, András Schiff».
Sta educando a Bach anche sua figlia Shahin Maria?
«Ma certo. I bambini, che sono cento volte più intelligenti di noi, non vogliono le cose facili, ma quelle belle. A loro, del resto ho dedicato un disco, Bach for Babies, che proprio facile non era, ma di cui sono molto orgoglioso».
Ha un’estate piena di progetti. Due libri in uscita...
«A gennaio. Il bambino protagonista del mio libro Nonno Bach diventa teenager, con Mozart, e poi adulto, con Beethoven. Ma prima, il 10 e 11 agosto, ci sarà un progetto a Palazzo Ducale di Urbino con Kim Rossi Stuart».
E che cosa combinerete in Asia, lei e Danilo Rea?
«Porteremo il progetto “Bach in the Air”, per avvicinare due platee diverse rimanendo ognuno fedele al proprio mestiere, io a quello di pianista classico e lui a quello che nel titolo del suo ultimo libro definisce di “jazzista imperfetto”. Andremo, fra l’altro, a Pechino, Shangai, Tokyo, Bangkok. So che il pubblico giapponese, bachianissimo, rispettoso, non invidioso, non distruttivo, ci sta aspettando. Bach insegna la modestia, l’umiltà e lo stupore. Noto invece, purtroppo, che nel Paese più bello e ammirato del mondo è diffusa un’invidia poco costruttiva nei confronti della grande musica».
Dica pure della cultura in generale.
«E invece se questi ragionieri dei decreti parlamentari se ne occupassero, la musica ne sarebbe tanto felice».
Che pensa del difficile momento attraversato dalla sua patria d’origine?
«L’Iran ha inventato il contrappunto, la polifonia, e oggi soffre di quella mancanza. Noto un grande egoismo, una cafoneria dissonante da parte anche di un certo Occidente: che in Iran ha trovato una miniera d’oro e che fa gli interessi delle proprie tasche e non dei valori del popolo persiano. Lo trovo vergognoso, e per una volta mi trovo d’accordo con il presidente Trump, non esattamente il mio modello di ragionamento. Quando ha avuto il coraggio di dire “It’s time to change”, è tempo di cambiare, è stato l’unico a toccare la verità, sia pure in questa fugace circostanza. La signora Merkel e il signor Macron, invece, e altri come loro, coltivano solo interessi miliardari».