la Repubblica, 18 luglio 2018
Il ritorno dell’idrogeno come energia del futuro. Ora la sfida viene dal mare
Il ritorno del combustibile del futuro passa per una tazzina di caffè nel mezzo dell’oceano. «Quando stiamo navigando e accendiamo la macchinetta dell’espresso la barca rallenta: ci ricorda che qui tutto va a elettricità, quella che con tanto sforzo otteniamo dall’idrogeno grazie all’elettrolisi». Victorien Erussard, capitano dell’Energy Observer, il catamarano che viaggia solo con energie rinnovabili ormeggiato alla Certosa di Venezia e diretto a Bari, dal ponte della sua barca fissa il mare. «La nostra è una scommessa, riuscire a navigare con elementi naturali e praticamente infiniti».
Parla dell’idrogeno, combustibile green per anni rimasto solo una promessa e ora pronto al grande salto. In Germania, pochi giorni fa, è stato lanciato il primo treno che corre grazie all’energia ottenuta dall’elemento “H”. Importanti case automobilistiche come Toyota annunciano, per il 2030, flotte di mezzi a idrogeno. La Suzuki pensa agli scooter, in Gran Bretagna ai bus e i francesi di Energy Observer, barca sostenuta dall’Unesco simile a una navicella spaziale tappezzata di speciali pannelli solari italiani, dotata di due grandi turbine eoliche e di serbatoi in carbonio dove si stocca l’idrogeno, sono pronti a testare il combustibile fino a temperature estreme. «Viaggeremo in 50 paesi fino al 2022, anche in Siberia. Vedremo se la nostra tecnologia regge in questa “odissea”. Portiamo il messaggio che abbandonare i combustibili fossili è possibile» dice Jerome Delafosse, sub esperto che insieme a ingegneri nucleari affianca il capitano in cabina.
Grazie all’elettrolisi e a un sistema di intelligenza artificiale questo gioiello costato 5,5 milioni di euro pagati da diversi sponsor, come la catena Accor Hotels sensibile ai temi ambientali, accumula riserve energetiche sfruttando la scomposizione di idrogeno e ossigeno dall’acqua di mare. Per ora non bastano a produrre elettricità sufficiente a governare la nave e per questo si ricorre all’energia generata anche dalle turbine eoliche e dai pannelli fotovoltaici. «Ma ci arriveremo, affineremo il prototipo delle nostre pile a combustibile», dicono i due dal lussuoso salottino a prua.
Finora, nelle tecnologie a idrogeno, uno dei problemi maggiori riguardava la necessità di grandi serbatoi per stoccarlo e le difficoltà relative alle infrastrutture per fare rifornimento. «La strada però adesso è tracciata», spiega Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit). «Le batterie delle attuali auto elettriche necessitano di litio e cobalto, che non sono infiniti. L’idrogeno invece abbonda ma per trasformarlo in energia servono grandi impianti. La fortuna è che la lavorazione di questo elemento è a bassi costi e a ottimi impatti ambientali: dai motori a idrogeno esce infatti vapore acqueo. Adesso è tempo di immaginare e pensare alle infrastrutture, le stazioni di servizio dove fare rifornimento. Il cammino è lungo, ma in 20 anni ci arriveremo».
Secondo uno studio dell’Hydrogen Council l’idrogeno potrebbe rappresentare quasi un quinto dell’energia consumata nel mondo nel 2050, riducendo del 20% le emissioni di CO 2 . Ma la strada è impervia: «Oggi per produrlo si usano ancora troppi combustibili fossili – sostiene Erussard – noi invece lo otteniamo sfruttando l’elettricità prodotta dai pannelli solari che sfruttano anche il riflesso del mare. Per essere davvero sostenibile dovrà sempre arrivare da fonti rinnovabili». È convinto che se il suo esperimento funzionerà in futuro tutta l’elettricità delle nostre case arriverà dall’idrogeno. «Così, finalmente, ci prenderemo un caffè “green” in santa pace».