A New York è già spettacolo da prima serata: a pochi minuti dall’inizio della finale dei Mondiali di calcio fra Francia e Croazia, sul sito della Fox, che trasmette in streaming la partita, ecco la pubblicità della Ibm dedicata al suo nuovo servizio di blockchain: “ Questo è un pomodoro del quale puoi sapere tutto, dal luogo di produzione alla data di trasformazione in polpa”, recita la voce fuori campo. “ Questo è un pacco del quale è possibile osservare il viaggio mentre tocca porti diversi prima di arrivare. Questo è un diamante che puoi seguire dalla miniera al dito di tua moglie, sapendo che non è mai passato per le mani sbagliate”. La multinazionale dei computer non è l’unico colosso che sta mettendo un piede in questo magico mondo imparentato con le criprovalute ma che da esse vuol ora prendere le distanze. Oracle, da lunedì, ha reso disponibile la sua piattaforma seguendo le orme di Microsoft e di Sap. Poche ore prima l’annuncio dell’Università di Oxford di aver attivato un corso sulle blockchain, come già fatto nei mesi scorsi dalla Cornell, dal Mit, dalla Università di New York, da Stanford e da Berkeley.
« La blockchain è una tecnologia promettente » , garantisce Audrey Chaing, ex operatore finanziario a Wall Street con una laurea al Mit. Lo conferma dopo aver partecipato alla Blockchain and Crypto Value Conference organizzata a Milano da Codemotion. A capo del sito Blockchaing. org, è una delle voci più ascoltate del settore. «Non implica necessariamente l’uso di criptovalute, mentre tutte le criptovalute sono basate su blockchain. Alcune volte ha un senso avere un sistema con una sua moneta, molto più spesso non lo ha. È solo sete di denaro e tutte queste Ico ( Initial coin offering, creazione e lancio di una criptovaluta) nel 99% dei casi non andranno lontano. Lo scenario è del tutto simile a quello che ha preceduto l’esplosione della bolla delle dot-com». Fortuna che a differenza della Silicon Valley prima maniera, il legame fra Borsa e i vari Bitcoin è meno stretto. In caso di crisi, l’impatto sarà marginale. Quel che potrebbe non esser marginale invece è l’effetto delle blockchain sulla nostra vita. Le stanno iniziando ad usare in tanti e nel campi più diversi.
Una blockchain è un sistema che permette di trasferire in maniera sicura dati da un utente all’altro e che conserva una copia di ogni transazione. Non ha bisogno di un’autorità centrale per il funzionamento, ha regole trasparenti che difficilmente possono esser mutate e i dati che contiene sono inalterabili. È formata da una rete di computer, detti nodi, ognuno dei quali mantiene in memoria l’intero dna della blockchain. O meglio: tutti i blocchi di dati che la compongono. In quelle pubbliche le regole non possono esser mutate a meno che la maggior parte dei nodi ( chi li gestisce) non sia d’accordo. Se i nodi sono tanti e diffusi è praticamente impossibile. Una blockchain privata è altra cosa. L’inglese Centrica, tanto per fare un esempio, ne vuole usare una per tenere un registro delle forniture e delle transazioni con i suoi clienti. In quel caso i nodi saranno probabilmente tutti gestiti dalla compagnia stessa.
« Il punto è poter trasmettere informazioni, dati o denaro, da un soggetto all’altro senza la necessità che ci sia qualcuno o qualcosa che faccia da tramite » , spiega William Mougayar, autore del saggio The Business Blockchain. «Il sistema bancario è il primo ad essere in pericolo. Spostare denaro, senza dover pagare commissioni, in maniera sicura e trasparente è un bel passo avanti. Ma qualsiasi valore che abbia una sua rappresentazione digitale è potenzialmente rimpiazzabile da una blockchain: da Facebook ad Amazon. Già oggi Openbazar è una sorta di eBay senza eBay».
Tutto potrebbe cambiare, ma non è una materia semplice da capire e ancor meno da regolare. Eppure, i sostenitori delle blockchain, sostengono che un giorno potremmo avere il controllo delle nostre identità digitali: ogni documento potrà esser ottenuto con una semplice domanda a un sistema decentralizzato e inviolabile che gestisce l’intera anagrafe. Servizi pubblici che non possono esser condizionati dal governo né da grandi compagnie private che con la compravendita dei dati dei loro utenti hanno costruito imperi. E c’è già chi pensa ai dati medici, alla gestione del voto elettorale o ancora alla possibilità di tracciare tutti i passaggi che fanno la carne o il grano prima di arrivare sulla tavola.
Ci sono però due problemi: come far dialogare fra loro le diverse blockchain; come aumentare la velocità operativa di questa tecnologia. Si va dalle sette alle trenta operazioni al secondo, quando un gestore di carte di credito ne maneggia cinquemila. La strada è ancora lunga quindi. Intanto il colosso tedesco Zf che produce componenti per il trasporto, assieme alla Ibm e Ubs, ha sviluppato un sistema chiamato Car eWallet per pagare dal carburante al parcheggio fino al pedaggio autostradale. Altrove le due blockchain SingularityNet e Deep Brain Chain si sono unite per permettere ai creatori di intelligenza artificiale di vendere la propria tecnologia senza bisogno di esser acquisiti da qualche colosso della Rete. «La società è giustamente preoccupata. In futuro tutte le AI potrebbero esser gestite da poche compagnie private», ha dichiarato Ben Goertzel, fra i “padri” del robot Sophia e a capo di SingularityNet. « Per questo abbiamo costruito un sistema decentralizzato nel quale più soggetti possono lavorare assieme offrendo servizi di ogni tipo».
Il sogno di un nuovo web decentralizzato e senza padroni è lontano dal realizzarsi, senza contare che i colossi della Rete non rinunceranno facilmente al potere che hanno oggi. «È vero», ammette Audrey Chaing. «Ma è anche vero che se non si abbraccia un’innovazione, quell’innovazione finisce per distruggerti. Per questo Ibm, Oracle e Microsoft stanno correndo ai ripari: esistono già bockchain alternative e più economiche ai sistemi cloud di Amazon, Google o della stessa Microsoft. Ed è questa la chiave: i sistemi decentralizzati sono meno costosi e più sicuri. Difficile riuscire a competere anche se si è un gigante della tecnologia ».