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 2018  luglio 17 Martedì calendario

Laura Boldrini e i suoi odiatori un anno dopo: querele, processi, multe

Era la vigilia di Ferragosto dell’anno scorso, quando Laura Boldrini, all’epoca presidente della Camera, decise di sfidare il vile branco dei leoni da tastiera – odiatori online il più delle volte celati dietro nickname e false identità – e pubblicò un clamoroso hashtag di battaglia: #AdessoBasta. Stanca di ricevere insulti, minacce e volgarità quasi sempre a sfondo sessuale, Boldrini, oggi deputata di Liberi e Uguali, annunciò ufficialmente di voler passare alle vie legali.
Ed ecco, allora, un primo bilancio delle decine e decine di querele da lei presentate, su cui diverse Procure stanno tuttora svolgendo indagini. «Questa non è una battaglia che faccio per me – premette Boldrini – ma in nome e per conto di tutti quelli che non hanno la forza e la capacità di difendersi. I risarcimenti che otterrò non finiranno nelle mie tasche, ma andranno a finanziare progetti di educazione civica digitale, per insegnare ai nostri ragazzi un uso consapevole della Rete. Internet non è il Far web, minacciare e insultare online produce lo stesso effetto che produce nella realtà. Dall’altra parte della tastiera c’è sempre una persona che legge il messaggio...». Messaggi che feriscono e fanno male. Così, ecco il sindaco leghista di Pontinvrea, Matteo Camiciottoli, rinviato a giudizio dalla Procura di Savona: l’udienza è fissata per il prossimo 17 settembre. Boldrini si costituirà parte civile e insieme a lei intendono farlo varie associazioni contro la violenza sulle donne. 
L’estate scorsa, dopo uno stupro a Rimini, il sindaco leghista twittò riferendosi ai colpevoli: «Potremmo dargli gli arresti domiciliari a casa della Boldrini, magari gli mette il sorriso...». Un anno dopo, Camiciottoli sembra sinceramente pentito, parla di «frase infelice» e aggiunge che «ora, se incontrassi la Boldrini, le porgerei le mie scuse». Avrà modo di farlo tra due mesi in tribunale. 
Anche un certo Gianni, di Fermo, è stato già condannato a una supermulta, quasi mille euro, perché a febbraio scorso, intervenendo a La Zanzara su Radio 24, disse a proposito dello sparatore di Macerata, Luca Traini: «Doveva andare sotto casa della Boldrini e gambizzarla...». Eppure gli insulti non si sono fermati. L’11 luglio scorso Boldrini ha querelato pure l’attore Fabrizio Bracconeri, l’ex ragazzo della terza C, che sempre a proposito dei fatti di Macerata ha apostrofato la deputata su Twitter: «Lo sai che tu sei responsabile dell’omicidio di Pamela... e di tutti i reati commessi dai clandestini...?».
La ex portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) è convinta, però, che l’attacco contro di lei «fa parte di una strategia politica molto chiara che ha un punto d’inizio, il post sessista di Beppe Grillo (febbraio 2014, ndr) rivolto ai militanti:“Cosa fareste in macchina con la Boldrini?”». Addirittura Nicola Biondo, ex capo della comunicazione M5S alla Camera, di recente ha ammesso: «Avrei voluto inviare un biglietto alla presidente Boldrini per scriverle che io mi ero dissociato da questo post e me ne vergognavo. Mi sono pentito di non averlo fatto». Un’altra tardiva resipiscenza.