Il Messaggero, 17 luglio 2018
Sul set della seconda stagione di Suburra
«I panni sporchi non si lavano in casa». A dirlo – capovolgendo una massima di Giulio Andreotti – è l’attore Francesco Acquaroli, che ormai per tutti è il Samurai, ovvero la versione romanzata del malavitoso Massimo Carminati in Suburra, la serie di Netflix, in questi giorni sul set della seconda stagione. Il significato della citazione, riferita alla Roma corrotta che fa da sfondo alla serie, è chiaro: se la Capitale reale vive un momento di fragilità, la Capitale per fiction non deve nasconderlo. «Attraversiamo una fase buia e confusa in cui il buon senso della casalinga vale come un trattato di economia internazionale – ha spiegato Acquaroli – Per risorgere ci servirebbe una mente illuminata. Ma se continuano a pescare i dirigenti della città dal bussolotto della lotteria, le cose possono andare bene ma anche molto male».
CAVALLOAmbientata nella Roma del 2008, nei quindici giorni a cavallo dell’elezione del nuovo sindaco (cronologicamente si tratterebbe di Gianni Alemanno, ma negli episodi non si fa il suo nome), la seconda stagione di Suburra non fa sconti né alla città né ai protagonisti delle trame criminali intessute nei primi 10 episodi trasmessi nel 2017.
Al centro degli interessi di Samurai e dei suoi gregari c’è, naturalmente, il nuovo sindaco di Roma: «Nella prima stagione abbiamo raccontato tre mondi separati che interagivano fra loro: politica, chiesa e malavita – ha detto il regista Andrea Molaioli, in questi giorni sul set, suggestivo e apocalittico, della Vela di Calatrava a Tor Vergata – mentre il cuore della seconda stagione è la politica. La politica ci fornisce la traccia temporale, visto che tutto si svolge durante i turni di ballottaggio, e ci permette di giocare con le alleanze perennemente instabili». Pochi i riferimenti diretti alla politica del 2008, «solo qualche rimando e nessun gancio forte», nessuna sbavatura nella cronaca contemporanea. Se l’anno scorso un personaggio come il Samurai richiamava gli avvenimenti legati a Mafia Capitale, in questa stagione quello di Spadino, e della sua famiglia di sinti, fa tornare alla memoria l’epopea degli Spada a Ostia.
ANALOGIA
«Qualche analogia con il caso Spada c’è – dice Alessandro Borghi, che in Suburra riprende il ruolo del criminale Aureliano – ma solo per quel che riguarda la vita di strada. Degli Spada se ne è già parlato abbastanza, non ci sarà la famosa capocciata, né riferimenti a quella storia. Già ci hanno accusato di istigare all’emulazione alla prima stagione, ci manca solo questo».
Eppure, inevitabilmente, qualche rimando a temi attuali c’è. «L’affare dei migranti, oggi un argomento molto forte, entra nella serie attraverso il personaggio di Claudia Gerini», ammette Molaioli, accettando, nell’affrontare una materia cosi incandescente, il rischio di una possibile strumentalizzazione: «Il rischio di venire strumentalizzati c’è e non è possibile evitarlo. Mi auguro che l’ampiezza e la varietà del racconto disinneschi il pericolo». Entra più nel dettaglio Claudia Gerini, unica donna di potere in una storia molto maschile (anche nella regia: accanto a Molaioli c’è solo un altro regista, Piero Messina). «La mia Sara Monaschi ha perso sia il marito, con cui ha divorziato, sia la sua posizione in Vaticano – spiega l’attrice – e alla fine della prima stagione è sconfitta, ma risorge con una onlus che accoglie rifugiati. È il suo nuovo business e il suo obiettivo: fare soldi con i migranti». Soldi non proprio puliti, visto che l’attività entrerà nel radar criminale del Samurai: «È difficile che al re di Roma possa sfuggire qualcosa che succede in città», è il commento sibillino di Acquaroli.
IL CONTROLLO
Tutti riconfermati i protagonisti della prima stagione, a partire dai tre ragazzacci, finalmente determinati a prendere il controllo della città: il criminale Aureliano, «ora libero di puntare al potere», il sinti Spadino (Giacomo Ferrara), «venuto a patti con la sua omosessualità», il giovane Lele (Eduardo Valdarnini), «che ritroveremo nel ruolo di vice ispettore, grazie al Samurai». Torna anche il politico Amedeo Cinaglia, interpretato da Filippo Nigro, «che si ritroverà a essere ago della bilancia tra i due candidati sindaci, grazie a un pugno di voti che lo metterà in posizione privilegiata. Se mi sono ispirato a qualcuno? A più di un politico. Il panorama italiano è ricco di esempi». Per la serie, che Netflix distribuirà il prossimo anno, sono ancora previste tre settimane di riprese, tutte nella zona di Roma e provincia, per un totale di 100 location: dalle spiagge di Ostia all’idroscalo, passando per il vecchio faro di Fiumicino, Tor Vergata, Palazzo Spada, via della Conciliazione, Montecitorio. «Anche quando abbiamo girato in zone difficili non abbiamo mai avuto problemi – hanno confermato gli attori – anzi, è proprio lì che abbiamo trovato i nostri fan più entusiasti. C’era chi ci aiutava a tenere il silenzio sul set, chi urlava i nostri nomi dalle macchine in corsa. In cambio volevano solo selfie».