L’Economia, 16 luglio 2018
Chi è e che cosa vuole il fondo Elliott
Dove si fermerà l’appetito dell’«avvoltoio» Paul «Elliott» Singer, il nuovo padrone del Milan? Quale sarà la sua nuova preda italiana, dopo aver affondato gli artigli in Ansaldo e Telecom Italia, oltre alla squadra di calcio rossonera? Sono credibili le voci di un suo interesse a far lanciare dalla casa automobilistica coreana Hyundai, di cui e’ azionista, una scalata di Fiat-Chrysler? E intanto, quanto a lungo ora terrà in portafoglio la proprietà di A.C.Milan?
Da Singer ci si può aspettare di tutto. Il suo stile di gestione è unico: è l’«attivista più attivo e globale», secondo un rapporto di Lazard. Con uffici a New York, Londra e Hong Kong, investe in tutto il mondo in società dove pensa di poter avere un ruolo nel rilanciarle scuotendo il management con l’obbiettivo di incassare una ricca plusvalenza dopo il rialzo delle loro quotazioni. Senza fretta.
I tango bond La battaglia più famosa di Singer è durata 15 anni, contro il governo argentino per il rimborso delle obbligazioni su cui il suo fondo aveva investito. Elliott aveva comprato con un forte sconto i Tango bond, che nel 2001 hanno fatto default, cioè Buenos Aires ha smesso di pagare gli interessi ai creditori e dichiarato che non avrebbe rimborsato il prestito. Poi l’Argentina ha proposto un rimborso parziale a cui hanno aderito quasi tutti i sottoscrittori dei bond, compresi molti italiani, ma non Elliott, che ha continuato a lottare nei tribunali fino alla vittoria nel 2016, quando il nuovo governo di Buenos Aires ha rimborsato 2,4 miliardi di dollari al fondo, l’equivalente di un guadagno di dieci volte la cifra investita. Il tempo non e’ un problema per il gestore americano. «Pazienza e persistenza sono i suoi segni caratteristici», sottolinea Jon Pollock, co-responsabile del fondo Elliott. E un altro gestore di hedge fund che conosce bene Singer, Daniel Loeb di Third point, aggiunge: «È intenso e tenace, focalizzato sui risultati». Tutte qualità che non possono non far piacere ai tifosi del Milan, ansiosi di tornare nel «pantheon dei top del football», come ha promesso Elliott. Li conforta sapere che Paul Singer e il figlio Gordon, responsabile del fondo in Europa, se ne intendono anche di calcio, come pure l’italiano che lavora per Elliott a Londra, Giorgio Furlani, un bocconiano e tifoso rossonero con Mba della Harvard business school. Singer padre e figlio sono invece fan accaniti dell’Arsenal: Paul lo si può trovare nei bar dell’Upper west side di Manhattan, dove vive, a guardare le partite della Premier league inglese oppure allo stadio a Londra per veder giocare la sua squadra dal vivo, con il figlio. Il quale forse si era innamorato del calcio quando, prima di laurearsi al Williams college negli Stati uniti, aveva studiato un anno alla Oxford university in Inghilterra. Laureato nel ’96, Gordon ha lavorato a New York come analista nella investment bank Lehman brothers, nel ’98 è entrato nel fondo Elliott e dal 2009 è il capo dell’ufficio a Londra.
L’altra passione dei Singer è la musica: il padre Paul suona il piano nel complesso rock&roll di famiglia, con il figlio Gordon alla chitarra, l’altro figlio Andrew alla batteria e il marito di quest’ultimo, Corey Morris, al sassofono. Andrew fa il dottore a Boston ed è la causa dell’impegno non finanziario su cui Singer ha speso più energie: da quando nel 1998 il figlio gli ha rivelato di essere omosessuale, ha investito oltre 10 milioni di dollari a supporto della comunità Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) e in particolare della battaglia per legalizzare i matrimoni gay.
Libertario quindi in materia di affari personali e conservatore in campo economico, da sempre finanziatore dei candidati repubblicani negli Usa – ma non di Donald Trump —, Paul Singer si muove a suo agio nei tribunali grazie alla sua formazione da avvocato d’affari. Nato 73 anni fa nel New Jersey, da una casalinga e un padre che aveva una farmacia a New York, Singer si è prima laureato in Psicologia alla University of Rochester (1966), poi in Legge alla prestigiosa Harvard law school (1969). Il suo primo lavoro è stato nell’ufficio legale della investment bank Donaldson, Lufkin Jenrette a New York. Ma nel ’77 si e’ messo in proprio fondando Elliott management con 1,3 milioni di dollari affidatigli da amici e familiari.
«Faccio solo rispettare la legge e le mie battaglie legali aiutano a evitare che leader statali irresponsabili usino male o, peggio, rubino i soldi che vengono loro prestati», si è difeso Singer dalle accuse di essere uno speculatore senza pietà nella saga dei Tango bond.
L’auto nel mirino? La prossima preda? Sono recentemente circolate voci di interesse su Fiat-Chrysler. Secondo il giornale online Asia Times, Elliott – che ha investito un miliardo di dollari in Hyundai – sarebbe l’ispiratore di un progetto di scalata al gruppo guidato da Sergio Marchionne da parte della casa coreana. Quest’ultima ha smentito, ma c’è chi ci crede lo stesso e cita, come segnale della sua fondatezza, la scelta fatta da Singer di nominare Alfredo Altavilla – l’attuale responsabile operativo (coo) di Fca per l’area Emea (Europa, Medio Oriente ed Africa) – come uno dei dieci nuovi membri del board di Tim che spettavano a Elliott dopo la vittoria contro la francese Vivendi. Altavilla è uno dei potenziali candidati alla successione di Marchionne, averlo già alleato in Tim potrebbe facilitare un’aggregazione nel mondo dell’auto.
A beneficiare intanto delle buone performance del fondo Elliott – il 13,5% annualizzato dall’inizio dell’attività – sono anche fondi pensione come quello dello stato di Rhode Island che gli aveva affidato 70 milioni di dollari da gestire sei anni fa, diventati oggi 108 milioni (+54%). Chissà se ai pensionati americani fa piacere l’idea di poter possedere un pezzetto dei rossoneri.