La Stampa, 16 luglio 2018
Brasile, lo “scorpione urbano” terrorizza le città
L’ultima vittima del «killer dalla coda seghettata», lo scorpione più pericoloso di tutto il Brasile, si chiamava Yasmin Lemos de Campos, aveva 4 anni e il veleno l’ha colpita mentre giocava nel cortile di casa a Cabralia Paulista, nello stato di San Paolo. L’ha uccisa poche ore dopo in ospedale, dopo un pellegrinaggio da una clinica all’altra, rimpallata dai medici perché nessuno aveva l’antidoto per farla guarire. La bimba è solo l’ultimo caso di uno stillicidio di morti dell’estate, soprattutto tra i più piccoli e gli anziani, dovute alla puntura di quello che si sta trasformando in un incubo per gli abitanti degli Stati di San Paolo, la città più popolosa del Paese, e per il Minas Gerais.
I morsi dello «scorpione dalla coda seghettata», ormai diventato scorpione domestico, hanno provocato l’anno scorso più vittime che i serpenti, 184 in tutto. E ora, secondo il ministero della Salute, sono gli animali più letali del Paese. Nel 2013, i decessi erano meno di 70. Se quattro anni fa, si contavano 37 mila casi di punture velenose, l’anno scorso sono stati 126 mila. Il sistema sanitario è impreparato all’emergenza: molti ospedali non hanno ricevuto gli antidoti necessari per contrastare il liquido velenoso che esce dalla coda della bestia. L’Instituto Butantan di San Paolo, il laboratorio statale che produce il siero, non riesce a stare al passo con le esigenze. E soprattutto il temibile scorpione ha imparato a sopravvivere molto bene negli ambienti urbani: si riproduce facilmente e nidifica nelle fogne e tra i cumuli di rifiuti, tra le case, nutrendosi di insetti e scarafaggi, ma può sopravvivere anche molti mesi senza mangiare.
La più temibile
In Brasile vivono quattro specie di scorpione, ma quello giallo, o Tityus serrulatus, si è adattato più degli altri ad un habitat diverso dal suo naturale. Darwin direbbe che la sopravvivenza l’ha portato dalla savana alla città, alle fogne delle aree urbane. Rogério Bertani, ricercatore dell’Instituto Butantan spiega che in questa migrazione forzata c’entra soprattutto l’uomo: «Con la deforestazione e la crescita dei centri urbani, questo animale si sta moltiplicando. Gli umani non spaventano più, la situazione non può che peggiorare». Lo scorpione giallo si sviluppa per partenogenesi: la femmina può riprodursi senza essere fecondata dai maschi.
I più vulnerabili
Sui giornali brasiliani, nelle ultime settimane, l’allarme è cresciuto e commuovono le testimonianze di genitori che hanno perso i figli, colpiti dal veleno dello scorpione e rimasti senza cure. È di un mese fa il caso di un bimbo di 3 anni, Vieira dos Santos Neto, punto mentre giocava nella sua cameretta: «Il trattore mi ha fatto male», ha urlato il bambino al papà, un contadino di Miguelópolis. L’uomo ha esaminato l’oggetto e ha trovato quello che ipotizzava essere uno scorpione. Ha ucciso l’animale, l’ha imprigionato in un barattolo ed è salito in macchina, direzione guardia medica. Ma al pronto soccorso di Miguelopolis il figlio non poteva essere curato. In lacrime, l’ha portato a 35 km di distanza, a Ituverava. Ma dopo troppi minuti, l’antidoto non è bastato.Il ministero brasiliano è in affanno. Ma si difende, dichiarando che 18 mila dosi di siero sono state distribuite in giro per gli ospedali dei 26 Stati del Paese, e che per l’87% dei casi il veleno non è letale. José Brites Neto, veterinario, ribatte che solo a San Paolo lui e il suo team hanno catturato 8000 esemplari di scorpione giallo. I numeri dei salvavita «non sono sufficienti. Le morti non potranno che aumentare».