La Stampa, 16 luglio 2018
Afghanistan, nel 2018 record di morti civili
L’Afghanistan ha registrato un record di vittime civili nei primi sei mesi dell’anno. È il dato più grave degli ultimi 10 anni. Lo rivela un rapporto della missione Onu nel paese asiatico, Unama. Dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno le vittime civili sono state 1.692; la metà ha perso la vita in attentati suicidi rivendicati dall’Isis-Khorasan (Isis-K), il braccio dello Stato Islamico nella nazione. I feriti sono stati 3.430. L’ultimo attacco è avvenuto domenica nella capitale: almeno sette vittime e oltre una decina di feriti, nei pressi del ministero della Riabilitazione e Sviluppo Rurale. Ma non è l’unico a luglio. Dall’inizio del mese ci sono stati almeno altri 3 episodi. Nel mirino soprattutto Kabul e Nangarhar, considerata la roccaforte del Daesh. Per quanto riguarda la violenza jihadista nello stato, la situazione è cambiata.
I talebani, dopo anni di attacchi a obiettivi militari, politici e civili, hanno cambiato strategia, smettendo di colpire la popolazione. Tanto che a giugno c’è stata una tregua con Kabul, rispettata da entrambe le parti. L’Emirato Islamico si è accorto che era controproducente attaccare deliberatamente obiettivi civili. L’eco mediatica degli attentati, invece di rafforzare l’immagine del gruppo, minava il sostegno della popolazione e i conseguenti appoggi logistici e finanziari. Necessari ancor di più quando si è affacciata la concorrenza di Isis-K. Questi ultimi, invece, non si sono mai curati di come gli afghani percepissero la loro «missione», anzi. Hanno esportato il modello di controllo del territorio con il terrore e hanno continuato a condurre attacchi e attentati appena l’occasione si presentasse, anche durante la tregua talebani-Kabul. Il rapporto Unama, infatti, precisa che il 52% delle vittime civili è stata causata da Iskp/Daesh, in particolare nella capitale e a Nangarhar. Si teme che gli attentati continueranno.
Anche i talebani hanno responsabilità, soprattutto dopo l’inizio dell’ offensiva di primavera, tradizionale ripresa delle ostilità dopo l’inverno, quando molti passi montani sono chiusi. Nonostante il cambio di strategia hanno causato la morte del 40% del totale delle «fatalites» (il restante è opera di anonimi gruppi anti-governativi). Nel bilancio complessivo la causa principale è l’esplosione di ordigni improvvisati (le cinture esplosive), la seconda sono gli scontri tra forze opposte e la terza gli omicidi mirati. I terroristi hanno ucciso 157 donne (ferite 387) e 363 bambini (992 feriti).