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 2018  luglio 16 Lunedì calendario

Ricercare l’immortalità tra genetica e algoritmi

Nel XX secolo la scienza medica è riuscita nell’impresa di tenere sotto controllo malattie degenerative, tumori cellulari, virus, eliminando alcune delle cause di morte prematura tipiche dell’Homo Sapiens.
Le cure mediche gratuite estese ad una grande parte della popolazione attraverso l’implementazione di servizi sanitari nazionali, hanno consentito il raddoppio delle aspettative di vita della razza umana in soli 100 anni. Nel nostro paese, all’inizio del 900, la speranza di vita alla nascita era di 43 anni circa.
All’inizio del XXI secolo, il valore medio si è quasi raddoppiato, attestandosi a 82,8 anni. Ma che cosa potrà accadere quando l’ingegneria genetica e l’intelligenza artificiale saranno utilizzate per raggiungere l’obiettivo dell’immortalità umana, oggi considerato una chimera? La medicina del futuro sarà infatti molto diversa da quella a cui siamo abituati. Dal sistema reattivo, sviluppato dal 1700 ad oggi, in cui un paziente mostra un sintomo e solo successivamente va da un dottore o da un chirurgo per avere una diagnosi o eseguire un trattamento, si passerà ad un sistema predittivo. Lo studio e la comprensione del genoma umano, ci aiuteranno infatti a scoprire e prevenire malattie prima ancora che queste si possano manifestare con sintomi. E gli algoritmi predittivi dell’intelligenza artificiale ci consentiranno di codificare e leggere le sequenze di Dna che regolano tutte le attività di un organismo vivente, individuando trattamenti e cure specifiche per i singoli individui. Perché il Sacro Graal dell’immortalità passa per la soluzione di un problema combinatorio matematico di 3,2 miliardi di coppie di basi di Dna contenenti circa 20.000-25000 geni. 
LE LIMITAZIONI
Ad oggi, ci sono due principali ostacoli che impediscono questo risultato: i costi relativi all’analisi dei big data genetici del paziente e le limitazioni tecnologiche per l’elaborazione. Secondo le analisi del National Human Genome Research Institute del Maryland, il costo di codifica e sequencing del genoma umano, grazie ai benefici della legge di Moore che prevede un raddoppio della capacità di calcolo di una cpu ogni 18 mesi ed un dimezzamento dei suoi costi di produzione, è passato da 100 milioni di dollari del 2001, a circa 1.500 dollari nel 2015.
Questo consente l’espansione di servizi di analisi genomica individuali disponibili a pagamento solo per fasce benestanti della popolazione. È possibile infatti predire e curare preventivamente le potenziali malattie che un individuo potrà sviluppare nel corso della sua vita, offrendo trattamenti e medicinali realizzati sulla basa della specifica sequenza genomica del paziente. 
Attraverso algoritmi machine learning e deep learning, simili alle reti neurali di un cervello umano, aziende come la canadese Deep Genomics aiutano i ricercatori delle grandi società farmaceutiche ad interpretare le variazioni genetiche e la loro influenza sui processi cruciali per la vita di un individuo: il metabolismo, la riparazione del Dna, la crescita cellulare.
Più grande è il database di dati individuali genetici che si possiede, più l’intelligenza artificiale può comprendere come variazioni del genoma possano portare allo sviluppo delle malattie, individuando le specifiche cure preventive a cui il paziente si deve sottoporre. E molti dei Ceo e dei grandi imprenditori alla guida dei tech giants digitali, affascinati dal mito dell’immortalità, hanno investito in startup o in fondazioni di ricerca sul tema. Nel 2014, Sergej Brin e Larry Page di Google hanno lanciato Calico, «una società di ricerca e sviluppo la cui missione è quella di sfruttare tecnologie avanzate per aumentare la nostra comprensione della biologia che controlla la durata della vita». Nel libro The Book of Immortality: The Science, Belief and Magic Behind Living Forever di Adam Leith Gollner, ex Ceo di Oracle, Larry Ellison, con un patrimonio personale di oltre 40 miliardi di dollari, dichiara che l’idea che qualcuno possa essere lì e svanire, e semplicemente non essere più lì lo turba profondamente. Per questo investe personalmente 40 milioni di dollari l’anno in un fondo di ricerca sull’immortalità.
GLI INVESTIMENTI
Dal 2013, Mark Zuckerberg finanzia invece un premio annuale di 3 milioni di dollari per «scienziati super intelligenti che stanno lavorando sui problemi più difficili nelle scienze della vita». Jeff Bezos, fondatore e Ceo di Amazon, attraverso il suo fondo di investimento ha comprato una quota azionaria in Unity, una compagnia della Bay Area che spera di fermare il processo di invecchiamento. La società che aveva già raccolto 116 milioni di dollari in finanziamenti entro l’ottobre dell’anno scorso. Il rischio è di trovarsi una dinastia di immortali sovrani digitali, padroni del mondo alla guida di trillion dollar company. Con lo scettro imperiale dei motori potentissimi di Intelligenza Artificiale da loro sviluppati, diventeranno una casta di irraggiungibili e inspodestabili homini deus, venerati dal popolo in attesa di un segno di divina clemenza. Come del resto accadeva nell’antica Grecia, con gli dei dell’Olimpo.