Corriere della Sera, 16 luglio 2018
Messi & Neymar flop, le stampelle di Tabarez: cosa resterà di questi Mondiali
Cosa resterà del Mondiale 2018?
Innanzitutto: la stampella di Tabarez, segno della sua dignità e della sua forza morale.
Ma anche le sceneggiate di Suarez, che si conferma a ogni occasione pessima persona, e le rotolate di Neymar, che hanno offuscato la «bicicletta» e altri giochi di prestigio.
Il «geyser sound» dei tifosi islandesi, già sentito agli Europei, stavolta imitato da mezzo mondo.
Il volto impotente e stranito di Messi, che segna caterve di gol al Getafe e al Levante ma nelle partite importanti con la sua Nazionale evapora.
Il rigore di CR7 parato dall’iraniano ex pastore nomade Beiranvand.
I tatuaggi di Sampaoli, la cresta del portiere della Corea del Sud, la tinta giallo pannocchia di Nagatomo.
La giovinezza e l’allegria delle tifose – mai così tante – censurate dalla Fifa.
Il delirio di Maradona in tribuna (non c’è nessuno che gli voglia bene e lo porti via?).
I colombiani capelloni Higuita e Valderrama che passeggiano a bordo campo come due killer usciti da un film di Tarantino.
La rabbia congenita di Lukaku: «Quando segno sono un belga; quando non segno sono un belga di origine congolese».
Il panciotto del c.t. inglese Southgate, il penultimo dandy (l’ultimo è il nostro presidente del Consiglio Conte).
Le preghiere non esaudite di Salah.
L’uscita a capo chino di Sergio Ramos, killer di Salah nella finale di Champions.
L’ultima recita di don Andres Iniesta.
La svagatezza di Ozil e di mezza Germania.
Lo stadio di San Pietroburgo: un disco volante atterrato tra la Neva e il golfo di Finlandia.
Il rigore del russo Smolov contro la Croazia, che tenta penosamente il cucchiaio e viene parato da Subasic da terra.
L’incongrua statua di Lenin accanto allo stand di una carta di credito.
I marabout inutilmente portati dalle squadre africane: tutte eliminate al primo turno.
Gli africani arrivati sino in fondo al Mondiale, passando attraverso i sobborghi inglesi e le banlieue francesi e belghe.
Il pianto di James Rodriguez e Edinson Cavani, costretti da un infortunio a tifare invano per i compagni eliminati.
La barba a mezzo petto del difensore svedese Durmaz, perseguitato sul web per il fallo da cui è nato il gol di Kroos: se vuoi marcare la tua diversità, ti tratteranno da diverso. Bravi però i compagni a difenderlo.
Il bacio dei croati al fotografo seppellito nell’abbraccio collettivo a Mandzukic.
«God salve the Queen» intonata dagli inglesi sconfitti.
L’aquila a due teste di Xhaka, il berretto da cosacco mimato da Szyuba, le acclamazioni dello stadio Luzhniki per Putin, le grida belluine di Vida inneggianti all’Ucraina e maledicenti la Serbia: è stato anche un Mondiale politico. Per calare un velo sui dirigenti di Belgrado, che hanno paragonato la Var ai processi contro i criminali di guerra dell’ex Jugoslavia.
Spagna-Portogallo 3-3 e Francia-Argentina 4-3: partite d’altri tempi, in mezzo a tante altre giocate in trenta metri e decise da rimpalli e autogol.
Il pallone un po’ troppo leggero e le conseguenti papere dei portieri: su tutti, Caballero e il leggendario Muslera.
Il tiro da fuori di Pavard, che se ci riprova altre venti volte non gli riesce più.
I panama dei tifosi di Panama e la loro esultanza per il primo gol segnato ai Mondiali (undici quelli subiti).
L’astinenza inconsueta di Lewandowski e quella solita di Sterling, che non segna mai, ma proprio mai.
Le mamme dei francesi, in particolare quelle di Pogba e Mbappé, scatenate in tribuna.
Il tifoso peruviano, che si chiama ovviamente Miguel, ingrassato di 25 chili per aver diritto a un biglietto in quota disabili.
I tifosi messicani – moltissimi i messicani – che cantano Cielito Lindo – «Ahi ahi ahi ahi...» – lungo le strade di Mosca per la gioia dei passanti.
L’inutilità della Danimarca: ha passato il turno, è uscita ai rigori contro i croati finalisti, e non ha fatto nulla che si ricordi, tranne la gioia di Schmeichel padre per le parate del figlio.
La Russia: Paese tanto rude e faticoso, quanto bello e affascinante. I tassametri non sono ancora stati inventati, ogni corsa in taxi va contrattata; e Uber può metterti nelle mani di un pazzo. Quasi nessuno conosce una sola parola di qualsiasi lingua occidentale. Per il resto, organizzazione perfetta. E pulizia tipica dei regimi: non una cartaccia per terra.
L’Italia: gli assenti hanno sempre torto. Il calcio, con o senza Cristiano Ronaldo, è da rifondare.