la Repubblica, 15 luglio 2018
Évian & Aquarius, la storia fa acqua
L’impressione è che le analogie con l’Europa del 2018 siano talmente evidenti da non dover neanche essere mostrate. Ma forse, data l’aria che tira, non è così. Partiamo dunque dai fatti. Nell’estate del 1938 la Shoah non è ancora iniziata. I presagi si fanno sempre più oscuri, è vero, ma nell’“anno infame” gli ebrei nella morsa nazista sono perseguitati nei loro diritti da un regime criminale – moriranno a milioni, ma dopo. A differenza di oggi, però, all’epoca ci sono 32 paesi che hanno a cuore il destino dei perseguitati. Che, almeno in apparenza, cercano di fare qualcosa.
I delegati si trovano nel paese di Évian-les-Bains, sulle rive francesi del lago di Ginevra, dal 6 luglio al 15 luglio del 1938, in una conferenza dal nome di “Comitato intergovernativo per i rifugiati dalla Germania (compresa l’Austria)”. Oltre a giornalisti, osservatori e più di cento organizzazioni, sono presenti i rappresentanti di 23 paesi delle Americhe e dell’Oceania e di 9 europei: Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Olanda, Norvegia, Regno Unito, Svezia e Svizzera.La conferenza ha l’obiettivo di facilitare l’insediamento dei rifugiati e di immaginare un sistema internazionale di rilascio di documenti per chi non può ottenere visti: a marzo, dopo l’annessione nazista dell’Austria e l’aumento improvviso di perseguitati, il presidente degli Stati Uniti Roosevelt ha mandato gli inviti, sottolineando però che non ci si aspetta che nessuno accolga più immigrati di quanti prevede la legislazione vigente. Si fa di tutto per evitare la parola “ebrei”: si preferisce parlare di “rifugiati politici”, che sono già, in potenza, centinaia di migliaia. Ciascun paese deve fare i conti con i nazionalisti e gli antisemiti locali – con i propri sovranisti, identitari, razzisti, diremmo oggi per dire la stessa cosa. Con un’opinione pubblica che, nel passato come nel presente, sposta i destini di chi cerca un porto in cui approdare. Quella prevalente in Italia, anche nell’estate del 1938, sembra in linea con le posizioni dei suoi leader.
Galeazzo Ciano, genero del duce e suo ministro degli esteri, ha scritto nel suo diario: “L’Ambasciatore d’America è venuto a chiederci l’adesione alla costituzione di un Comitato internazionale con lo scopo di favorire l’emigrazione dei profughi politici dalla Germania e dall’Austria. Gli ho risposto che una simile richiesta urtava più che le nostre direttive negli affari internazionali, la nostra morale politica”. Chi ci ricorda? Nell’anno in cui sono in cantiere le leggi razziste italiane, l’appunto di Ciano ben rappresenta il cinismo e la spietatezza del fascismo e di tutti i suoi fieri eredi.
Certo, nel 2018 non siamo allo sterminio sistematico da parte di un regime criminale e dei suoi zelanti collaboratori: si preferisce lasciare il lavoro sporco al mare, ai paesi da cui si fugge, e a regimi “amici”. La differenza sostanziale, però, è soprattutto un’altra: il 15 luglio del 1938, quando la conferenza di Évian si chiude, dopo tantissime parole, con un nulla di fatto, ciascun delegato ha, per lo meno, porto le sue scuse. Il fatto che tutti gli Stati presenti manifestino “grande empatia per le vittime della persecuzione” – riportano i giornalisti – non sarà di consolazione agli uomini, alle donne e ai bambini che rimarranno intrappolati in Europa e verranno massacrati nei pogrom, nei lager o con le centinaia di migliaia di colpi alla nuca che daranno l’avvio alla Shoah, tre anni dopo il fallimento della conferenza che avrebbe potuto cambiare il futuro.
La differenza è che, a Évian, almeno, c’è ancora l’empatia. A esultare, ottant’anni fa, sono i nazisti, i fascisti e gli xenofobi: il quotidiano del partito nazionalsocialista Völkischer Beobachterche titola, trionfante, “Nessuno li vuole”, Hitler che dice che nei paesi democratici “non c’è spazio per gli ebrei” poche settimane prima di scatenare lo spaventoso pogrom che passerà alla storia come Kristallnacht.
A esultare, ovviamente, è anche Mussolini, che negli stessi giorni tuona la sua invettiva contro gli ebrei, oramai perseguitati anche in Italia: “il problema di scottante attualità è quello razziale. L’ebraismo mondiale è stato un nemico irreconciliabile del fascismo”, urla in un discorso seguito da un terrificante boato di approvazione della folla. Un boato molto simile, per pericolosità e ferocia, a quelli virtuali che accolgono oggi la retorica sprezzante dell’“asse sovranista”, le frontiere sprangate, le dichiarazioni del ministri della paura, la guerra ai migranti, gli accordi con regimi criminali. E la chiusura del Mediterraneo.