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 2018  luglio 14 Sabato calendario

Jane Goodall, la signora degli scimpanzé: «Amo anche il loro lato oscuro»

Oggi si celebra la prima Giornata mondiale dello scimpanzé. È stata scelta come data il 14 luglio poiché è il giorno in cui l’etologa Jane Goodall, fondatrice dell’Istituto Jane Goodall e messaggero di pace Onu, iniziò la sua ricerca pionieristica sugli scimpanzé in quello che oggi è il Gombe Stream National Park in Tanzania, uno degli ultimi santuari per questa specie, nostro parente più prossimo nel regno animale. 
Scopo della giornata è lanciare l’allarme sul grave rischio di estinzione che corre questa specie. Oggi infatti ne rimangono meno di 200 mila esemplari in tutto il mondo, di cui anche 49 in cattività in Italia, secondo il censimento svolto dalla sezione italiana dell’Istituto Goodall. «Spero che vi unirete a noi in questa primissima Giornata mondiale dello scimpanzé – dice la Goodall – per evidenziare la straordinaria natura di questi esseri e far luce sulle minacce che affrontano. Quando ho iniziato a studiarli nel 1960 non erano una specie minacciata».
La foresta di Gombe era parte della cintura della foresta equatoriale, che si estendeva dall’Africa Orientale attraverso il bacino del Congo fino alla costa occidentale. «Nel 1990 Gombe – ricorda Goodall – era diventata una foresta circondata da colline spoglie, abitate da più persone di quante la terra potesse sostenere. Quello è stato il momento in cui ho realizzato che se non avessimo aiutato le comunità dell’area non ci sarebbe stata speranza per salvare gli scimpanzé. Da allora la Fondazione ha lanciato programmi di supporto per gli abitanti, di sviluppo economico, di tutela per l’ambiente, e di controllo delle nascite». 
Gli inizi
Ancora nel 1962, quando Goodall andò a Cambridge per il dottorato in Etologia, gli scienziati ritenevano ci fosse una differenza sostanziale tra gli uomini e tutti gli altri animali. «Mi insegnarono a dare numeri, non nomi, alla comunità di scimpanzé. Non potevo parlare di loro come esseri con una personalità, con una mente capace di pensieri ed emozioni: queste erano di pertinenza degli esseri umani. Col tempo la scienza ha iniziato ad ammettere, che dopotutto non siamo gli unici esseri con una personalità, un pensiero, delle emozioni. Nemmeno siamo gli unici esseri ad usare e realizzare utensili: io per prima ho osservato gli scimpanzé utilizzare steli d’erba, bastoncini, foglie per una pletora di scopi».
Goodall ha speso l’infanzia a osservare gli animali intorno a casa: uccelli, scoiattoli, qualche rara volpe. «Imparai quanto importante fosse essere calma, evitare i movimenti bruschi, avere pazienza. Quando sono arrivata a Gombe ho speso i primi mesi osservando gli scimpanzé attraverso il binocolo. Fuggivano, se mi avvicinavo troppo. Poiché vestivo sempre gli stessi indumenti e non dimostravo di essere una minaccia, ad un certo punto hanno smesso di avere paura ed ho potuto sedermi serenamente vicino a loro. Così ho iniziato a conoscerli come individui e iniziato ad imparare gradualmente i loro complessi e affascinanti comportamenti. Ricordo quando la vecchia femmina dominante, Flo, mi accettò al punto che permise al suo bambino di 4 mesi, Flint, di avvicinarsi e toccarmi». 
Le scoperte
La scoperta più scioccante fu quando la studiosa capì che «gli scimpanzé come noi umani hanno un lato oscuro, aggressivo e brutale, intrinseco nella loro natura. I maschi sono molto territoriali e spesso si cimentano in vere e proprie guerre con le comunità vicine. All’interno della comunità, tuttavia, dimostrano anche buone capacità di risolvere i conflitti: se minacciata o attaccata, la vittima spesso si avvicina all’aggressore e chiede un gesto amico o un abbraccio. A quel punto l’armonia è ristabilita».La più grande differenza tra gli uomini e le altre specie animali per Goodall «è lo sviluppo esplosivo del nostro intelletto. Quindi come è possibile che la creatura più intelligente che ha solcato questo pianeta possa distruggere la sua unica casa? Che cosa è andato storto? Sembra che abbiamo creato una disconnessione tra il nostro cervello e il cuore, che rappresenta l’amore e la compassione. Prendiamo decisioni basate sulle gratificazioni immediate. Siamo stati avvolti dal materialismo». Tre i problemi chiave da affrontare per lei: «La povertà, il nostro stile di vita insostenibile, specie quello dei più ricchi, la crescita della popolazione. Pensiamo alle conseguenze delle scelte che facciamo ogni giorno. Cosa compriamo, mangiamo, indossiamo? La produzione di questo oggetto ha danneggiato l’ambiente? Causa sofferenza animale? È sostenibile? Quando milioni di persone fanno scelte etiche, allora un mondo migliore comincia a diventare realtà».Anche l’ecoturismo per lei può avere importanza: «È importante che gli abitanti locali vedano un valore nel proteggere la natura selvaggia. E per gli uomini entrare in contatto con gli animali. All’Istituto migliaia di giovani stanno lavorando per ridurre l’impronta ambientale dell’uomo con il nostro programma Roots & Shoots. Giovani in cento Paesi dalle elementari all’università hanno organizzato circa 1.500 gruppi, ognuno dei quali sceglie tre progetti per creare un mondo migliore per le persone, gli animali e l’ambiente. La filiale italiana del nostro istituto conduce diversi progetti di Roots & Shoots con giovani sia in Italia sia in Tanzania, dove gestisce anche un orfanotrofio per i bambini più vulnerabili».